Le domande dei lettori, le risposte degli esperti. N. 7/2023
1) DI quanto saranno gli aumenti in busta paga? Vediamo… 2) Così si fa crescere il precariato e non è una buona notizia. 3) Fate attenzione, c’è chi truffa con i falsi moduli dell’Inps. 4) Sono mamma e mi hanno licenziata: posso ricorrere al giudice? 5) Dei clan criminali si sa tutto: perchè non si interviene? 6) Sì, anche il part time può essere a tempo indeterminato.
1) DI QUANTO SARANNO GLI AUMENTI IN BUSTA PAGA? VEDIAMO…
Quanto troveremo di più in busta paga? E l’aumento quando comincia e quando finisce? Possibile che in Italia non si riesca (quasi) mai a sapere come stanno esattamente le cose? È proprio così difficile?
Cinzia Conti - Per telefono da Roma
Il testo del Decreto Lavoro, varato dal governo Meloni il 1° maggio, è stato modificato più volte prima della versione definitiva. Da qui la circolazione delle voci che via via sono state corrette alla luce delle reali risorse disponibili.
Alla fine, il taglio del cuneo fiscale dovrebbe comportare (il condizionale è ancora d’obbligo perché mentre scriviamo non si ha ancora sottomano il Decreto nella versione definitiva) un aumento di 96 euro al mese per i lavoratori con un reddito annuo lordo non superiore ai 25.000 auro, e di 99 euro al mese per i lavoratori con un reddito annuo lordo di 35.000 euro.
Secondo quanto hanno calcolato i sindacati, gli importi sarebbero però inferiori: tra i 50 e i 70 euro al mese. Insomma, bisognerà probabilmente aspettare le prime busta paga contenenti l’aumento per capire l’entità della misura adottata.
Il tutto resterà in vigore dal 1° luglio e fino al 31 dicembre (e non fino al 30 novembre come era stato ventilato). A quel punto il provvedimento dovrà essere rifinanziato ma si dovranno trovare le risorse necessarie.
2) COSÌ SI FA CRESCERE IL PRECARIATO E NON È UNA BUONA NOTIZIA
Perché c’è chi sostiene che si sta andando incontro ad una crescita del precariato? Quali sono le misure che andrebbero in questo senso? A me, invece, sembra che si stia facendo il possibile per aumentare l’occupazione…
Michele Sandri - Per telefono da Roma
Da quando il governo ha approvato il Decreto Lavoro, in redazione di telefonate e di messaggi ne sono arrivati parecchi. Quello qui sopra di Cinzia Conti e questo di Michele Sandri ne comprendono la gran parte in quanto chiamano in causa argomenti tra i più sentiti.
Riguardo al precariato, le misure che potrebbero favorirlo sono: 1) la possibilità per le aziende di rinnovare fino a 24 mesi i contratti a tempo determinato senza più indicare la causale. Confermata la possibilità di prorogarli di altri 12 mesi senza l’obbligo di motivare l’assunzione ma con una semplice stipula presso le direzioni territoriali competenti; 2) l’utilizzo dei voucher per chi opera nei settori dei “congressi, delle fiere, degli eventi, degli stabilimenti termali e dei parchi divertimento” il cui importo è stato innalzato a 15.000 euro l’anno dai precedenti 10.000; 3) è stato cancellato il limite di 29 anni per i contratti di apprendistato che adesso può arrivare fino a 40 anni ma a condizione che si tratti di lavoratori in disoccupazione.
Ricordiamo che con i voucher si può retribuire un’ora di lavoro con 10 euro lordi, vale a dire 7,50 euro netti.
Secondo l’Istat, entro lo scorso febbraio i precari erano 2.972.000 che, per i sindacati, sarebbero adesso destinati ad aumentare. Da parte del governo si sostiene, invece, che rendendo meno bloccato il mercato del lavoro si mira a creare più opportunità di impiego.
E anche se il Decreto Lavoro non era ancora entrato in vigore, gli ultimi dati sull’occupazione sono positivi: il tasso di occupazione è salito al 60,8% (+0,1 punti), il numero delle persone in cerca di un posto è diminuito su base mensile di 12.000 unità (-0,6%), la disoccupazione giovanile è scesa al 22,4% (-0,4 punti).
3) FATE ATTENZIONE, C’È CHI TRUFFA CON FALSI MESSAGGI INPS
Ho ricevuto sul mio pc l’invito a fornire il numero della mia carta di credito per ottenere un rimborso da parte dell’Inps. Il tutto con il classico logo dell’Istituto di previdenza. Molta è stata la meraviglia perché non ho in corso nessuna pratica di questo tipo.
Poi, leggendo meglio, mi sono accorto che il testo conteneva pure alcuni strani riferimenti. Allora ho pensato a un tentativo di raggiro. Ho telefonato all’Inps che ha confermato i miei sospetti.
Questo per mettere in guardia i vostri lettori. Occorre tenere sempre gli occhi aperti e cercare conferme alle e-mail che si ricevono.
Massimo M. - Per telefono da Roma
In effetti, l’Inps avverte che sono in corso tentativi di truffa tramite e-mail di “phishing” finalizzate a sottrarre fraudolentemente il numero della carta di credito, con la falsa motivazione che servirebbe a ottenere un rimborso o il pagamento del bonus.
L’Istituto, nell’invitare a ignorare queste e-mail che propongono di cliccare su un link per ottenere i quattrini, ricorda che le informazioni sulle sue prestazioni sono consultabili esclusivamente accedendo direttamente dal portale www.inps.it e che, per motivi di sicurezza, non invia mai e-mail contenenti link cliccabili.
Il fenomeno del “phishing” non è nuovo. La Polizia postale avverte che si tratta di e-mail, solo apparentemente provenienti da banche, società, istituti pubblici e privati, che riferendo problemi di registrazione o di altra natura, invitano a fornire i propri dati riservati.
Solitamente nel messaggio, per rassicurare falsamente l’utente, viene indicato un collegamento (link) che rimanda solo apparentemente al sito web della banca, della società o dell’istituto. In realtà il sito al quale ci si collega è stato artatamente allestito identico a quello originale. Qualora l’utente inserisca i propri dati riservati, questi entrano nella disponibilità dei truffatori telematici che li utilizzano per prosciugare i conti.
4) SONO MAMMA E MI HANNO LICENZIATA POSSO RICORRERE AL GIUDICE?
Otto mesi fa sono diventata mamma per la seconda volta. Pochi giorni fa ho ricevuto, insieme a un’altra decina di persone, la lettera di licenziamaento. L’azienda presso la quale lavoro è sicuramente in difficoltà ma credo che il provvedimento preso nei miei confronti non sia del tutto regolare. Ne ho parlato con il mio rappresentante sindacale ma vorrei anche il vostro parere.
M. R. - Per telefono da Roma
In materia di maternità e tutela delle donne lavoratrici la legge è chiara. La lavoratrice madre, infatti, non può essere licenziata (tranne che per giusta causa, cessazione dell’azienda o scadenza del termine in caso di rapporto di lavoro a tempo determinato) dall’inizio della gestazione e fino al compimento di un anno di vita del bambino.
Durante lo stesso periodo non può esserci neppure la sospensione dal lavoro, a meno che non si tratti di sospensione dell’intera azienda o di un intero reparto.
In caso di licenziamento entro il periodo protetto, si ha diritto a ottenere il ripristino del rapporto di lavoro, presentando – entro 90 giorni – la documentazione comprovante lo stato di gravidanza o di puerperio. In sostanza, il licenziamento è da considerare nullo, cioè come mai avvenuto (sentenza della Corte Costituzionale) e la lavoratrice ha diritto al risarcimento dei danni (sentenza della Corte di Cassazione).
In sostanza, ci sono tutti gli estremi per impugnare l’iniziativa presa dall’azienda.
5) DEI CLAN CRIMINALI SI SA TUTTO PERCHÉ NON SI INTERVIENE?
Se davvero la criminalità organizzata, approfittando delle difficoltà provocate dal coronavirus a tanti imprenditori, sta tendando di “subentrare” negli affari, perché le autorità competenti non intervengono per stroncare questi tentativi?
Ciò che mi sorprende è che spesso si sa già tutto: che la cosca tal dei tali controlla interi quartieri, che l’organizzazione pinco palla smercia stupefacenti, che i clan ypsilon e zeta sono formati da colletti bianchi che riciclano i proventi del malaffare. Eccetera, eccetera.
Si fanno pure nomi e cognomi. Che si aspetta ad esercitare la legge? Boh, è un mistero gaudioso.
T. P. - Per e-mail da Frosinone
In effetti, si pubblicano pure organigrammi con spicchi di città controllati da gruppi ben identificati. Allora perché non si interviene? In verità, si interviene. Le operazioni di polizia, carabinieri e guardia di finanza sono quotidiane, e lo smantellamento delle reti criminali è costante. A Reggio Calabria, proprio pochi giorni fa, sono state arrestato 108 persone per associazione mafiosa e traffico internazionale di droga.
Certo, si dovrebbe e si potrebbe fare di più. Anche perché è notevole la capacità delle mafie di parare i colpi e rimediare agli arresti. Il giudice Giovanni Falcone parlò di “menti raffinatissime”. Lo Stato deve tenere sempre la guardia alta.
6) Sì, ANCHE IL PART TIME PUÒ ESSERE A TEMPO INDETERMINATO
Un contratto part time può essere a tempo indeterminato? E in che modo si può quantificare l’orario? Il contratto deve essere sempre elaborato in forma scritta?
Fabio Lulli - Per e-mail da Roma
Sì, il contratto part time può essere sia a tempo determinato che indeterminato. Queste le tipologie.
Part time orizzontale. Prevede un orario giornaliero inferiore rispetto a quello normale: dunque, considerando otto ore lavorative, è dipendente in part time orizzontale colui che lavora, per esempio, cinque ore al giorno per tutti e cinque i giorni lavorativi della settimana.
Part time verticale. Il lavoratore presta la sua opera con orario giornaliero a tempo pieno solo in determinati giorni della settimana, del mese o dell’anno (per esempio, lavorando per due giorni alla settimana invece che cinque, o a settimane alternate).
Part time misto. Risulta dalla combinazione delle precedenti tipologie (per esempio, cinque ore al giorno per tre giorni alla settimana).
Il contratto va sempre stipulato in forma scritta e deve obbligatoriamente contenere l’orario di lavoro con tutti i riferimenti di giorno, settimana, mese e anno. Se il part time è a tempo determinato deve essere indicato il termine di scadenza.
Le domande dei lettori, le risposte degli esperti. N. 6/2023
1) Ancora una giungla gli stipendi dei lavoratori stagionali. 2) Il nostro futuro si chiama formazione: a che punto siamo? 3) Difendere l’italiano con le multe? La toppa è peggio del buco… 4) L’hotel ristruttura e i dipendenti pagano. Non va bene 5) Se per lavorare sulle navi ci vuole il libretto di navigazione. 6) Cambiare l’orario di lavoro sì può se c’è l’accordo. 7) Gli indirizzi degli uffici dell’Unione europea in Italia.
1) ANCORA UNA GIUNGLA GLI STIPENDI DEI LAVORATORI STAGIONALI
Chi opera nel settore del turismo continua a lamentarsi perché non riesce a trovare il personale (addetti ai piani, camerieri, magazzinieri, receptionist, e così via) di cui ha bisogno. Il fatto è che gli stipendi che vengono offerti sono spesso improponibili ma non si ha il coraggio di andare a vedere. Il lavoro stagionale non può essere una giungla senza regole dove comanda chi è più forte.
Marta G. - Per telefono da Roma
Che in Italia ci sia un problema stipendi è noto persino ai sassi. Tra l’altro, mentre negli altri Paesi europei le buste paga sono progressivamente aumentate, qui da noi hanno perso via via potere d’acquisto (-2,9% negli ultimi trent’anni). È stato così calcolato che una buona parte dei nostri lavoratori sono “lavoratori poveri”, ovvero guadagnano meno di 10.000-12.000 euro l’anno, una cifra che impedisce di vivere dignitosamente in maniera autonoma, e che oscilla intorno alla soglia di povertà.
Poi ci sono i lavoratori stagionali (più o meno 400.000) di cui quest’anno, con la forte ripresa del turismo, c’è bisogno come il pane. Se non si trovano – è stato affermato – è anche perché il reddito di cittadinanza o altre forme di sostegno scoraggiano a mettersi in gioco: in sostanza, si preferisce stare a casa piuttosto che lavorare più o meno per gli stessi soldi.
Sul tema il dibattito è aperto (per esempio, secondo l’Inps le assunzioni di lavoratori stagionali sono aumentate in coincidenza proprio con l’introduzione del Rdc) però resta il fatto che per l’estate gli imprenditori si lamentano per la mancanza delle figure professionali di cui c’è più necessità.
Tra le ragioni, ci sono le condizioni offerte: turni che possono superare le 10 ore al giorno, straordinari o altri extra che non vengono riconosciuti, contratti in parte o del tutto sommersi. La Cgil-Filcams ha più volte denunciato che gli stagionali “sono lavoratori a consumo, da spremere bene durante i mesi in cui servono”. Del resto, secondo l’Ispettorato del lavoro, il reddito medio di un lavoratore stagionale è di poco inferiore ai 600 euro al mese, ovvero circa la metà dello stipendio medio base nel settore della ristorazione.
2) IL NOSTRO FUTURO SI CHIAMA FORMAZIONE: A CHE PUNTO SIAMO?
Ce la faremo a completare le riforme previste dal Pnrr senza le quali l’Europa rischia di tagliarci i fondi assegnati? Lo vedremo. Nel dibattito che si è acceso è però rimasto finora fuori un argomento che per me dovrebbe essere centrale: quello della formazione di competenze che di qui a brevissimo saranno decisive per il nostro sviluppo.
Capisco che i consensi si raccolgono con le politiche che riguardano l’immediato, ma di mezzo c’è il futuro del nostro Paese.
Carlo Paoletti - Per e-mail da Roma
La formazione è determinante per stare al passo con le professioni che sono in costante e veloce cambiamento. Non è una novità. È così da quando la tecnologia è entrata con forza in ogni comparto della produzione mutandone ritmi e conoscenze. E ancora di più lo sarà nei prossimi anni con l’intelligenza artificiale che avrà bisogno di nuove professioni e qualifiche.
Tuttavia, secondo uno studio condotto da Ey, Manpower e Pearson, solo poco più della metà delle professioni in crescita saranno collegate a vario titolo alla tecnologia: aumenteranno anche le professioni legate alla cultura, alla comunicazione, ai servizi, all’insegnamento. I processi di polarizzazione si invertiranno: la crescita dell’occupazione, infatti, si concentrerà sui livelli di qualifiche più alti. L’apprendimento dovrà, quindi, diventare permanente e sarà essenziale l’impegno a stimolare il tema delle competenze nei percorsi di formazione e istruzione che saranno le leve strategiche fondamentali su cui investire per costruire la “next generation” necessaria al rilancio del Paese.
Comunque, secondo una analisi del World Economic Forum, nei prossimi anni le figure che prenderanno sempre più piede saranno: data analyst and scientists, artficial intelligence and machine learning specialist, big data specialist, digital marketing and strategy specialists, process automation specialists, business development professionals, digital transformation specialists, information security analysts, software and applications developers, software and applications developers, internet of things specialists.
Sulla base delle fonti, non sempre le previsioni coincidono perfettamente ma non c’è dubbio che la formazione avrà un ruolo crescente e determinante.
3) DIFENDERE L’ITALIANO CON LE MULTE? LA TOPPA È PEGGIO DEL BUCO…
Da un po’ di tempo, e con sempre maggiore frequenza, nelle cronache sportive si legge di “clean sheet” per dire di una squadra che non subisce gol. A me i termini stranieri, e inglesi in particolare, non dispiacciono soprattutto quando sono entrati nell’uso comune, ma a volte si esagera…
Marco Corsini - Per e-mail da Roma
È vero, il termine “clean sheet” è ormai entrato nei resoconti calcistici, prima in maniera sporadica e poi in modo sempre più frequente. Sulla Treccani si può leggere che si tratta di un’espressione inglese tipica del gergo giornalistico e sportivo che significa “rete (porta) inviolata”, alla lettera “lenzuola pulite”.
Qualche settimana fa è stata presentata una proposta di legge da parte del vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli (Fdi), che prevede una sanzione da 5.000 a 100.000 euro contro chi ricorre a sigle o denominazioni straniere. Il testo della proposta, composto da 8 articoli, contiene le “disposizioni per la tutela e la promozione della lingua italiana… in un’ottica di salvaguardia nazionale e di difesa identitaria”.
Insomma, se l’iniziativa dovesse essere approvata, chi scrive “clean sheet” potrebbe vedersi recapitare una multa salatissima. Ora questo termine, come altri, può piacere o meno ma – come si dice – la toppa potrebbe rivelarsi peggio del buco. Del resto, anche l’Accademia della Crusca, con il suo presidente Claudio Marazzini, ha voluto precisare che la proposta di “sanzionare l’uso delle parole straniere per legge, con tanto di multa, come se si fosse passati con semaforo rosso, rischia di vanificare e marginalizzare il lavoro che noi, come Crusca, conduciamo da anni allo scopo di difendere l’italiano dagli eccessi della più grossolana esterofilia, purtroppo molto frequente… così si rischia di gettare nel ridicolo tutto il fronte degli amanti dell’italiano”.
C’è poco da aggiungere. Meglio sarebbe non usare con eccessiva disinvoltura il termine “clean sheet” (e altri) ma nel mondo d’oggi ricorrere alle sanzioni per impedirlo è fuori dalla realtà.
4) L’HOTEL RISTRUTTURA E I DIPENDENTI PAGANO. NON VA BENE
Lavoro in un hotel. Il proprietario ha chiesto ad alcuni di noi, dovendo trovare i soldi per affrontare urgenti spese di ristrutturazione, una minore presenza, il che significa buste paga più leggere. Può farlo?
R. B. - Per telefono da Roma
Se ci sono dei contratti firmati dal datore di lavoro e dai dipendenti è a quelli che bisogna attenersi. Vale a dire che i parametri non si possono cambiare dall’oggi al domani. Certo, si possono modificare ma attraverso le procedure previste dalla legge. Quindi, l’invito alla riduzione dell’orario di lavoro – in assenza di altri elementi di giudizio – sembra non ricevibile.
5) SE PER LAVORARE SULLE NAVI CI VUOLE IL LIBRETTO DI NAVIGAZIONE
Questo è il periodo in cui le navi da crociera vanno alla ricerca di personale. Attraverso internet ho trovato diverse compagnie già impegnate nelle selezioni. Tra i requisiti, spesso viene richiesto il libretto di navigazione. Che cos’è? E come fare per averlo?
Grazia Mauri - Per telefono da Roma
Il libretto di navigazione è una sorta di libretto di lavoro della gente di mare, senza il quale – in effetti – è impossibile svolgere qualsiasi tipo di mansione a bordo. Il documento viene rilasciato dalle capitanerie. Per ottenerlo occorre superare un esame di idoneità fisica davanti al medico del porto autorizzato più vicino, essere in regola con la vaccinazione anti-tetanica ed essere stati riconosciuti abili nel nuoto e nella voga.
Queste prove si effettuano sempre presso le capitanerie (chi ha il brevetto di assistente bagnante o ha prestato servizio militare in marina è esente dal test). È inoltre obbligatorio avere frequentato un corso di sopravvivenza, antincendio e pronto soccorso. Si tratta di lezioni che hanno la durata di un paio di settimane. Chi abita a Roma e dintorni può ottenere maggiori informazioni presso la capitaneria di porto di Civitavecchia.
6) CAMBIARE L’ORARIO DI LAVORO Sì PUÒ SE C’È L’ACCORDO
Da qualche tempo la direzione dell’ufficio presso il quale lavoro mi ha cambiato gli orari, spesso spezzandomeli tra mattina e pomeriggio. All’inizio ho pensato a circostanze contingenti. Siccome la cosa si prolunga, e ne sta andando di mezzo la mia vita familiare, come devo comportarmi?
R. S. - Per telefono da Roma
La bussola di riferimento è sempre il contratto di lavoro, dove sono indicati i diritti e I doveri delle due parti contraenti, cioè l’azienda e il dipendente.
Tutto, naturalmente, può essere modificato ma occorre rinegoziare il rapporto e, soprattutto, è necessario che ci sia l’accordo dell’interessato. Questo perché, per improcrastinabili ragioni, che comunque devono essere sempre motivate, il ciclo produttivo può cambiare e di conseguenza l’ufficio del personale non può non adeguare i turni alle nuove necessità.
Niente di male. Solo che non si può procedere d’imperio. Altrimenti ci sono le basi per avviare una vertenza davanti al Giudice.
7) GLI INDIRIZZI DEGLI UFFICI DELL’UNIONE EUROPEA IN ITALIA
Confesso che l’Europa mi sembra distante dai cittadini. Se c’è da chiedere un consiglio o sapere come muoversi a chi ci si rivolge? Chi sono i nostri interlocutori? I deputati eletti? Sì, va be’. E allora?
Bruno Sansone - Per e-mail da Roma
Se sembrano irraggiungibili coloro che siedono a Montecitorio e a Palazzo Madama ancora più lontani – e non solo per la distanza tra Roma e Bruxelles – sono i rappresentanti inviati al Parlamento europeo. In verità, importante sarebbe che, più che farsi trovare a portata di telefono, si battessero per sciogliere i molti nodi che stringono e bloccano l’Unione.
In Italia hanno sede numerosi organismi Ue con i quali si può prendere contatto. Ne elenchiamo alcuni. A Roma e Milano c’è l’Ufficio informazioni del Parlamento europeo che ha tra i suoi compiti proprio quello di facilitare i rapporti tra i cittadini e l’Assemblea (www.europaparl.it). A Parma c’è l’Autorità europea per la sicurezza alimentare che si occupa dei rischi associati ai prodotti che finiscono sulla nostra tavola (www.efsa.europa.eu). A Frascati c’è l’Agenzia spaziale europea che lavora sulle attività legate allo spazio e fornisce notizie essenziali per rispondere alle sfide globali (www.esa.int/esa). A Fiesole c’è l’Istituto universitario europeo che offre programmi dottorali (economia, giurisprudenza, scienze politiche, e così via) e master. Inoltre, ospita una parte degli archivi storici dell’Ue (www.eui.eu).
Le domande dei lettori, le risposte degli esperti.N. 5/2023
1) Le morti sul lavoro ormai non fanno più notizia. 2) Il grande ritorno dei voucher: una buona notizia? 3) Gli spazi pubblicitari che non si riecono a leggere. 4) Una mamma e quei turni di notte che si possono rifiutare. 5) Ecco che cosa significa Isee e a che cosa serve. 6) Ho un bel po’ di ferie non fatte: posso farmele pagare? 7) Concorsi, posti e graduatorie: l’assunzione può slittare.
1) LE MORTI SUL LAVORO ORMAI NON FANNO PIÙ NOTIZIA
Si chiamava Michele Davanzo, 40 anni, lavorava per un’azienda agricola a pochi chilometri da Venezia. È morto all’inizio di marzo cadendo da un’impalcatura. È una delle ultime vittime sul lavoro. Una strage che non si ferma e che ormai non fa nemmeno più notizia.
A Michele Davanzo qualche giornale ha dedicato solo poche righe. Tanti altri niente. Zero nei notiziari televisivi. Ormai a queste tragedie ci siamo abituati. Più volte il presidente, Sergio Mattarella, è intervenuto per chiedere più sicurezza nei luoghi di lavoro. Ma si continua a morire.
Cesare Rocchi - Per e-mail da Roma
Nel 2022 le morti sono state 1089, quasi 3 al giorno. In testa c’è la Lombardia seguita dal Veneto.
Il capo dello Stato, lo scorso ottobre, proprio in occasione della giornata nazionale dedicata alle vittime degli incidenti sul lavoro, ha detto che “nonostante i numerosi provvedimenti normativi con i quali si è cercato, nel tempo, di prevenirli… gli incidenti raccontano storie di vite spezzate, di famiglie distrutte, di persone gravemente ferite, di uomini e donne che invocano giustizia e che si appellano alle istituzioni, ai datori di lavoro, alla coscienza di chiunque sia nelle condizioni di rendere i luoghi di lavoro più sicuri, in cui sia rispettata la dignità della persona”.
Resta il fatto che all’Ispettorato del lavoro, che deve vigilare sul rispetto delle norme di sicurezza, mancano ancora un bel po’ di figure professionali.
2) IL GRANDE RITORNO DEI VOUCHER È UNA BUONA NOTIZIA?
Ho letto che è possibile l’utilizzo più esteso dei voucher. Non so se sia più un bene o più un male. Mi pare, però, che sia un forte incentivo al lavoro a tempo determinato e al nero mascherato.
Mi piacerebbe conoscere i particolari di questa norma che, tra l’altro, nell’estensione decisa nelle scorse settimane è passata quasi sotto silenzio.
R. S. - Per telefono da Roma
Se ne è parlato poco forse perché questo sistema di pagamento non è una novità, anche se non è stato mai usato in maniera massiccia. Comunque, adesso farvi ricorso è più facile e coinvolge un numero maggiore di situazioni. Per il governo di Giorgia Meloni ciò dovrebbe servire a ridurre il sommerso in quanto c’è l’opportunità di regolarizzare quelle mansioni che vengono svolte senza coperture.
Possono ricorrere ai voucher le aziende, gli imprenditori operanti in tutti i settori compreso quello agricolo (a determinate condizioni), le famiglie, gli enti senza fini di lucro e persino i committenti pubblici.
I voucher hanno un valore di 10 euro l’ora ciascuno e garantiscono la copertura previdenziale presso l’Inps e quella assicurativa presso l’Inail nei limiti di 5.000 euro netti (6.666 euro lordi) nel corso dell’anno solare. Il valore netto a favore del prestatore è di 7,50 euro l’ora.
Possono essere pagati in voucher: 1) i pensionati; 2) gli studenti (giovani con meno di 25 anni regolarmente iscritti ad un ciclo di studi universitari, o giovani di almeno 16 anni iscritti a un istituto scolastico di ogni ordine e grado previa autorizzazione del genitore o di chi esercita la potestà) ma soltanto durante il sabato e la domenica di tutto l’anno e nei periodi di vacanza (quelle natalizie dal 1° dicembre al 10 gennaio, quelle pasquali dalla domenica delle Palme al martedì successivo al lunedì dell’Angelo, quelle estive tra il 1° giugno e il 30 settembre). Gli studenti iscritti ad un ciclo regolare di studi universitari possono svolgere un lavoro occasionale accessorio in qualunque periodo dell’anno; 3) i percettori di prestazioni integrative del salario o sostegno al reddito nel limite massimo di 3.000 euro netti per anno solare; 4) i lavoratori part time; 5) gli inoccupati, i titolari di indennità di disoccupazione Mini-Aspi e Mini-Aspi 2012, i lavoratori dipendenti pubblici e privati, i titolari di disoccupazione speciale per l’agricoltura; 6) i lavoratori stranieri in Italia in possesso di un regolare permesso di soggiorno.
I voucher si possono acquistare presso le sedi Inps territoriali, i tabaccai che aderiscono alla convenzione Inps-Fit attraverso le procedure telematiche accedendo al sito www.inps.it, le banche popolari abilitate, gli uffici postali di tutto il territorio nazionale.
Sul “Corriere della Sera” del 20 marzo, Milena Gabanelli e Francesco Tortora hanno scritto che nel corso degli anni mentre la richiesta dei voucher è cresciuta, si è impennato anche l’abuso “soprattutto nell’edilizia, nel turismo e nel commercio: molte imprese coprono qualche ora con i voucher e il resto lo pagano in nero. In pratica, con questa modalità evitano di assumere lavoratori utilizzati a tempo pieno spacciandoli come occasionali”.
Secondo Palazzo Chigi ciò non dovrebbe più accadere, oppure il fenomeno dovrebbe diminuire sensibilmente. Si vedrà. La prova del fuoco sta per arrivare con l’estate quando l’uso corretto dei voucher in diversi settori sarà messo alla prova.
Per maggiori dettagli clicca qui.
3) GLI SPAZI PUBBLICITARI CHE NON SI RIESCONO A LEGGERE
È ben poca cosa di fronte a ciò che ci capita ogni giorno, ma non capisco perché in molti degli spot che in tv pubblicizzano le ultime novità in materia di automobili si continuino a rendere praticamente illeggibili le condizioni commerciali.
Lo stesso vale quasi sempre anche per gli spazi che i produttori acquistano sui giornali. Capisco che basta una telefonata ai concessionari per saperne di più, ma non sarebbe più corretto dare subito il massimo delle informazioni utili?
Daniele Marcelli - Per telefono da Roma
È vero. A volte ci vuole la lente per leggere quei caratteri che a occhio nudo sono quasi indecifrabili. L’importante è che non si traggano in inganno i possibili acquirenti con indicazioni non corrispondenti alla realtà. Su questo vigilano anche le associazioni dei consumatori.
4) UNA MAMMA E QUEI TURNI DI NOTTE CHE SI POSSONO RIFIUTARE
Fortunatamente ho un posto a tempo indeterminato in una struttura privata che lavora a ciclo continuo. Tutto bene, ma dallo scorso mese, per ragioni familiari (ho una figlia di 4 anni), non posso più effettuare i turni di notte che, di volta in volta, mi vengono richiesti. Prima del divorzio da mio marito non c'erano problemi, invece adesso...
Lucia P. - Per telefono da Roma
La/il lavoratrice/lavoratore possono rifiutare la prestazione notturna in quanto "unico genitore affidatario" di un minore di 12 anni. Ciò in virtù di quanto stabilito dall'articolo 11, comma 1 del Dlgs 66/2003.
Quindi, in base alle indicazioni fornite, Lucia P. deve essere esclusa da qualsiasi impegno notturno. In caso contrario, l'azienda può andare incontro a sanzioni.
5) ECCO CHE COSA SIGNIFICA ISEE E A CHE COSA SERVE
Spesso quando si tratta di chiedere sussidi o altro torna fuori il riferimento all'Isee. Che cosa significa esattamente questa sigla e quali sono i suoi contenuti principali?
Elsa Luisi - Per e-mail da Roma
Isee sta per Indicatore della situazione economica equivalente. In vigore dal 2015 (ha preso il posto del cosiddetto "riccometro") serve a stabilire la situazione relativa ai redditi di chi richiede agevolazioni sotto forma di prestazioni sociali o assistenza. In sostanza, per ottenere determinate facilitazioni non bisogna raggiungere un certo livello patrimoniale.
Ma come si fa a calcolare questo livello? Secondo l'Inps, nell'Isee confluiscono i redditi più il 20% della situazione patrimoniale (che comprende investimenti mobiliari e immobiliari). Una volta fatto il calcolo, va diviso per il coefficiente del nucleo familiare che cambia a seconda della composizione della famiglia.
Nello specifico della reversibilità, l'assegno al solo coniuge vale il 60% della pensione percepita dal defunto, il 70% per il solo figlio, il 100% per il coniuge con due o più figli, il 15% per ogni altro familiare diverso dal coniuge, dai figli e dai nipoti.
6) HO UN BEL PO’ DI FERIE NON FATTE: POSSO FARMELE PAGARE?
Sono un addetto alle pulizie presso un Comune del Lazio. Ho 50 giorni di ferie non ancora utilizzate. Posso chiedere un aumento dello stipendio?
F. P. - Formia (Lt)
Le ferie sono riconosciute quale diritto irrinunciabile dei lavoratori dipendenti ad un periodo di riposo per reintegrare le energie psicofisiche.
Quelle non godute possono essere solo differite entro i termini prestabiliti per legge, mentre solo in casi eccezionali – sempre previsti dalla legge – possono essere retribuite con una indennità sostitutiva.
7) CONCORSI, POSTI E GRADUATORIE: L’ASSUNZIONE PUÒ SLITTARE
È vero che, una volta vinto un concorso pubblico, l’assunzione non è automatica? È possibile?
Rosalba Piccinini - Per e-mail da Roma
È proprio così. Se, per esempio, un Ente dello Stato bandisce un concorso e quindi lo fa svolgere fino alla elaborazione della graduatoria finale, ma poi quello stesso Ente scopre di non avere in cassa i soldi per pagare gli stipendi, l’immissione in ruolo dei vincitori può anche slittare.
Naturalmente ciò non significa l’annullamento dell’iniziativa ma il deferimento dei tempi di attuazione. La graduatoria resta valida e, risolte le difficoltà economiche, l’iter tornerà a prendere il suo corso, e le assunzioni previste potranno essere effettuate.
Le domande dei lettori, le risposte degli esperti. N. 4/2023
1) Qual è lo stato di salute dell’economia italiana? Bella domanda… 2) Tragedia di Cutro: il balletto delle responsabilità. 3) Posso aumentare lo stipendio con l’assegno integrativo? 4) Per rilanciare la sanità concorsi subito e paghe più alte. 5) È possibile svolgere due part time in contemporanea? 6) Come riconoscere gli annunci veramente affidabili. 7) Spettacolo: se ti chiedono quote per iscrizioni o altro.
1) QUAL È LO STATO DI SALUTE DELL’ECONOMIA? BELLA DOMANDA…
Qual è lo stato di salute dell’economia italiana? So che è una domanda da qualche milione di euro ma confesso che è difficile farsi un’idea, almeno leggendo i giornali e seguendo i tg. Un giorno si apprende che il Pil andrà meglio rispetto alle previsioni, che l’export funziona e che molti settori vanno alla grande, e il giorno dopo che il debito pubblico ha sfondato tutti i primati negativi, che l’occupazione si sta abituando ai contratti a tempo determinato (anche di pochi giorni), che non ci sono i soldi per fare questo o quello, e così via.
Capisco che la politica è anche questo (tutto bene per chi sta al governo, tutto male per chi sta all’opposizione) ma è una politica che si regge in gran parte sulle parole. E quindi: quale è lo stato di salute dell’economia italiana?
Marcello Forti - Per e-mal da Roma
Il lettore non ha torto e, onestamente, non è semplice fare previsioni senza correre il rischio di essere smentiti più o meno rapidamente. Lo stesso governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nel corso di un intervento al Club Ambrosetti il 23 gennaio, ha fatto ampio uso del condizionale. Ma non ha mancato di rilevare come la produttività delle imprese italiane di medie e grandi dimensioni e la loro capacità di raggiungere i mercati internazionali sono paragonabili a quelle francesi e tedesche di dimensioni simili”. Tuttavia, resta “estremante elevato il numero di microimprese con modesti livelli di produttività la cui crescita è spesso ostacolata da pratiche gestionali carenti” e questo “rimane uno dei principali fattori di debolezza del nostro Paese” anche perché si spende poco “in ricerca sviluppo e innovazione e nella qualità del capitale umano che va innalzato con decisione”.
Per dire che il nostro panorama è ovunque ricco di luci e ombre e che, per venirne fuori, ai proclami devono seguire i fatti.
2) TRAGEDIA DI CUTRO: IL BALLETTO DELLE RESPONSABILITÀ
Non c’entra con il lavoro, ma la tragedia di quel barcone che si è rovesciato a pochi metri dalla spiaggia di Cutro mi ha commosso. Tante persone alla ricerca di una vita migliore finite inghiottite dal mare. E poi il balletto sulle responsabilità. Povera Italia.
Marcella Rosati - Per telefono da Rema
Un’inchiesta accerterà come si sono svolte realmente le cose dopo il primo avviso arrivato da Frontex. Chi è chiamato per dovere istituzionale a riferirne in Parlamento farebbe bene ad attenersi strettamente ai fatti. Davanti a drammi come quello di Cutro, ogni frase in più non solo non aggiunge nulla ma non fa fare una bella figura allo Stato.
Per scansare il ping-pong delle accuse e contro-accuse, ci limitiamo a ricordare ciò che ha detto il presidente della Cei, Matteo Zuppi: “Quelli che sono affogati avevano il diritto di essere accolti, scappavano da una guerra… Occorre fare in modo che i rifugiati siano trattati come tali, hanno il diritto di essere esaminati… Chi lascia il proprio Paese lo fa perché non ha alternative, perché la sua stessa vita è a rischio”. E quel titolo di prima pagina del giornale della Conferenza episcopale italiana: “Potevano essere salvati”.
3) POSSO INTEGRARE LO STIPENDIO CON L’ASSEGNO INTEGRATIVO?
Lo scorso ottobre, l’azienda presso la quale ho lavorato per 7 anni, è stata costretta a chiudere. Da allora ho cercato un nuovo impiego (faccio il magazziniere) e solo pochi giorni fa ne ho trovato uno che però non riguarda ciò che so fare, ma tant’è. Solo che la paga è piuttosto bassa.
Mi è stato detto che potrei richiedere un cosiddetto assegno integrativo. Di che cosa si tratta? Lo posso sommare alla busta paga? Che cosa devo fare per incassarlo?
Corrado G. - Per telefono da Roma
L’assegno integrativo si rivolge ai lavoratori in mobilità che decidono di accettare un impiego a tempo pieno e indeterminato con una retribuzione inferiore rispetto a quella che si riceveva in precedenza. Può essere corrisposto per un massimo di 12 mesi e comunque non oltre la data in cui scade il trattamento di mobilità.
A quanto può ammontare? L’importo è calcolato secondo la differenza tra i due livelli retributivi lordi e non può superare l’importo dell’indennità di mobilità.
La domanda va presentata online attraverso il sito dell'INPS (per collegarsi direttamente con la pagina deditcata clicca qui). Si piò inviare anche tramite il call center al numero 803.164 (gratis da rete fissa) oppure tramite lo 06.164164 (da rete mobile).
4) PER RILANCIARE LA SANITÀ CONCORSI SUBITO E PAGHE PIÙ ALTE
Continuano le uscite di medici e infermieri dalle strutture sanitarie del Lazio. Ormai per ottenere un esame o un intervento passano mesi e a beneficiarne sono le cliniche e i centri di assistenza privati. Leggo con soddisfazione che il nuovo presidente della Regione, Francesco Rocca, ha deciso di impegnarsi proprio per risolvere questo problema.
A lui vanno i miei auguri. Aspetto di vedere i risultati.
Carlo Sardi - Per e-mail da Roma
Come abbiamo scritto anche noi di “Lavoro Facile”, ogni anno sono un migliaio i medici che lasciano la Sanità pubblica e se ne vanno in gran parte all’estero dove gli stipendi sono decisamente più alti e le possibilità di carriera più consistenti.
Bene fa Francesco Rocca a volere il rilancio della Sanità del Lazio che, lo ricordiamo, è uscita da un lungo periodo di commissariamento per i conti in dissesto. Adesso aspettiamo nuovi concorsi per rafforzare gli staff e una più adeguata remunerazione per tutti coloro che lavorano negli ospedali.
5) È POSSIBILE SVOLGERE DUE PART TIME IN CONTEMPORANEA?
Ho bisogno di alcuni chiarimenti: 1) posso avere contemporaneamente due contratti part time e – insieme – posso averne un altro di collaborazione? 2) la maternità è tutelata, e come, nei contratti a tempo determinato, nei co.co.pro. e nei co.co.co.? 3) dove lavoravo nei mesi scorsi, prima mi hanno costretto ad aprire la partita Iva e poi, dopo un anno, mi hanno posto di fronte all’alternativa: o il licenziamento o il ritorno alla precedente formula del co.co.co a 700 euro. Di contratto nemmeno l’ombra. Allora me ne sono andata.
Posso fare vertenza o no, visto che ero una "libera professionista"? E i mesi lavorati in nero? Consideri che non mi hanno fatto firmare nessuna liberatoria perché sanno quanto sono buona…
L. M. - Per e-mail da Roma
La coesistenza di due contratti part time è certamente consentita, come anche di una eventuale collaborazione che, anzi, non presuppone neanche vincoli di orario con il datore di lavoro.
Quanto alla maternità la stessa, oltre che nei rapporti a tempo indeterminato, è certamente tutelata anche nei rapporti a tempo determinato o altri.
Infine, in merito al rapporto di lavoro del tipo "autonomo" intercorso, laddove si riuscisse a provare di essere stati sottoposti ad un rigido vincolo gerarchico, disciplinare e finanche per gli orari di lavoro da parte del datore, ben si potrebbe ottenere dal Giudice il riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato con quanto ne consegue in ordine ai relativi emolumenti e contributi previdenziali ed assicurativi. Lo stesso è a dirsi per il periodo di lavoro formalmente non regolamentato.
6) COME RICONOSCERE GLI ANNUNCI VERAMENTE AFFIDABILI
Forse il problema è destinato a restare tale nel tempo, ma trovo che sarebbe sbagliato abbandonare il tema degli annunci di lavoro e della loro affidabilità…
In una situazione in cui è l’occupazione precaria a dettare legge e tanti giovani sono disposti a sacrificarsi pur di guadagnare qualcosa, non manca mai chi cerca di specularci sopra. Come difendersi?
Luca Rinaldi - Per telefono da Roma
Più volte in questa rubrica, i lettori hanno toccato l’argomento. Segno del perdurare di pratiche poco limpide. Quindi i consigli e i suggerimenti, anche se ripetuti, non sono mai inutili.
Per gli annunci vale la regola di qualsiasi prodotto: ci sono quelli di buona qualità e quelli scadenti. Il linguaggio con cui sono confezionati è un indice importante. Quando questo è fumoso, nasconde intenzioni poco chiare e poco affidabili, se non addirittura delle vere e proprie truffe.
Per non incorrere in brutte sorprese basta adottare qualche accorgimento. Di solito, un’inserzione ben fatta da una società seria deve contenere nel testo quattro dati: 1) chi è l’azienda che cerca personale e in quale settore opera; 2) che cosa si richiede al candidato; 3) che cosa viene offerto; 4) come si svolge l’iter della selezione.
La mancanza di questi elementi deve indurre alla prudenza.
7) SPETTACOLO: SE TI CHIEDONO QUOTE PER ISCRIZIONI O ALTRO…
Mi sto affacciando sul mondo dello spettacolo. Mi piacerebbe cominciare, non solo per mettermi in tasca qualcosa ma soprattutto per capire se ho la stoffa per continuare. Ho avuto anche dei colloqui. Spesso, però, mi sono sentita chiedere il pagamento di quote per iscrizioni non meglio precisate o per l’allestimento di book fotografici. È giusto?
R. F. - Per telefono da Roma
Dubbi e segnalazioni di questo tipo sono frequenti. Il motivo è semplice: il cinema e la televisione possono dare l’impressione del successo a portata di mano, anche se non si possiedono grandi doti artistiche. Ed è proprio su questa “facilità” che contano coloro che si muovono nel sottobosco del sistema per spillare quattrini in cambio di niente.
Occorre, quindi, fare molta attenzione. Agenzie e agenti seri ce ne sono, ed è a loro che ci si deve rivolgere. Anche perché si tratta di strutture e di persone che sono in grado di dare consigli e che, di solito, non hanno tempo da perdere con chi dimostra di non avere delle buone potenzialità. Ma come si fa a riconoscerle? Nella rubrica “Trovaset” sono stati più volte pubblicati indirizzi e telefoni utili. Comunque, se si hanno dubbi chiedere e ancora chiedere. E prima di firmare qualsiasi cosa è sempre bene prendersi una pausa di riflessione.
Le domande dei lettori, le risposte degli esperti. N. 3/2023
1) Strutture pubbliche dimenticate? Sembra di sì, e non va bene. 2) Se la busta paga non corrisponde a quella del contratto. 3) Lavoro e scuola: con più autonomia alle Regioni, che cosa succede? 4) Accredito della pensione: problemi se non si aggiornano i dati. 5) Ho una laurea, sono bravo ma ai colloqui non so “vendermi.
STRUTTURE PUBBLICHE DIMENTICATE? SEMBRA DI SÌ, E NON VA BENE
Che fine hanno fatto i concorsi? Ne dovevano essere banditi per migliaia di posti (anche voi di “Lavoro Facile” ne avete parlato più volte) ma non se ne vede traccia se non per qualche iniziativa minore di qualche Ente. Ma la pubblica amministrazione non doveva essere rilanciata per metterla in condizione di assolvere anche ai compiti indicati nell’ormai famoso Piano nazionale di ripresa e resilienza?
A me sembra che si stia andando incontro a una situazione non certo incoraggiante: meno posti di lavoro rispetto a quelli attesi (almeno sulla carta) e tagli all’entità degli assegni provenienti dall’Unione europea nell’ambito del Next Generation Eu.
Luca Carlini - Per e-mail da Roma
Non siamo ancora ad un punto così critico, ma certo una mossa dobbiamo darcela. Nell’ultima Legge di Bilancio c’è l’impegno a rafforzare le strutture della pubblica amministrazione per centrare anche gli obiettivi pervisti proprio dal Pnrr.
Nei giorni scorsi “Il Sole-24 Ore”. Il quotidiano vicino a Confindustria, ha scritto di “Pa dimenticata” sottolineando che in Italia “quest’anno il costo del lavoro pubblico sarà pari al 9,6% del Pil” mentre “nella Francia, tradizionalmente in vetta a questo tipo di classifiche, la stessa voce raggiunge il 12,3% del prodotto, quota seconda solo a quella toccata nei nordici (e piccoli) Paesi come Danimarca, Belgio e Finlandia, In Spagna la spesa per il personale pubblico arriva all’11,5% del Pil e anche Portogallo e Grecia, nonostante le violentissime crisi di finanza pubblica vissute una quindicina di anni fa, si attestano sopra al 10%”. Sotto questa soglia, oltre all’Italia, “si incontrano Romania, Olanda e Irlanda. E una Germania dove però il Pil è doppio rispetto a quello italiano”.
C’è di che riflettere e, soprattutto, di agire. Se si tiene presente che nei Comuni, tra il 2007 e il 2021, si sono persi circa 110.000 dipendenti, che nella Sanità la mancanza di personale sta creando disfunzioni spesso drammatiche, e che in molti ministeri la situazione non è migliore, si comprende come i concorsi non possono più tardare. Tanto più che le assunzioni sono già state quantificate e approvate (almeno sulla carta).
SE LA BUSTA PAGA NON CORRISPONDE A QUELLA DEL CONTRATTO
Sono un giovane straniero con permesso di soggiorno per motivi di studio. Ho lavorato presso un albergatore toscano con un contratto, secondo il Ccnl delle aziende alberghiere, a tempo indeterminato part time del 50. Ma questo solo sulla carta, perché in realtà il mio datore mi ha proposto di lavorare per la sua agenzia di viaggi – che si trova all’interno dell’hotel – con orario full time. Il tutto per uno stipendio di 1.000 euro al mese mentre in busta paga ne figuravano 573.
il peggio è che dopo 6 mesi di lavoro, gli ultimi due non mi sono stati retribuiti. Allora ho rassegnato le dimissioni. Ora ho l’impressione che – se tutto andrà bene – il massimo che posso ottenere saranno i 573 euro mensili “ufficiali” e non i 1.000 come da accordi.
Lo so che ho sbagliato ad accettare una situazione poco chiara, però era l'unico modo per potermi mantenere agli studi. Come posso rivendicare i miei diritti? E se poi non mi rinnovano il permesso di soggiorno?
Aggiungo che ogni volta che mi veniva pagato lo stipendio concordato di 1.000 euro, iI mio datore mi faceva firmare una ricevuta di pari importo, e con tanto di riferimento alla mensilità, ad uso della contabilità interna. Di questo, però, non ho fotocopie né altra documentazione sotto mano.
S. G. - Per e-mail da Roma
La questione proposta dal lettore si presta ad un duplice ordine di considerazioni.
1) Il lavoratore potrebbe ricorrere al Giudice del Lavoro per ottenere un decreto ingiuntivo di pagamento sulla base delle buste paga figurative per chiedere sia gli ultimi due mesi sia il Tfr, ferie e permessi residui se non corrisposti. Questa è una via preferenziale perché il provvedimento del Giudice si ottiene senza contraddittorio, evitando così il processo (a meno di opposizione del datore di lavoro). In questo caso non servirebbe neanche un conteggio di un consulente del lavoro, data l'immediata intelligibilità delle buste paga.
2) Il lavoratore ricorre al Giudice del Lavoro per ottenere il corrispettivo di quanto effettivamente lavorato. In questo caso deve affrontare un procedimento ordinario, con udienze da svolgere, e dovrà provare il suo assunto con prove sia documentali, se ne è in possesso, che testimoniali. Nella fattispecie descritta ben potrebbe il lavoratore chiedere al Giudice di ordinare l'esibizione al datore delle proprie scritture contabili, se le stesse attestano la corrispondenza di importi maggiori rispetto a quelli di cui alle buste paga. In questo caso sarebbe opportuna l'elaborazione di un conteggio da parte di un consulente.
LAVORO E SCUOLA: CON PIÙ AUTONOMIA ALLE REGIONI, CHE COSA SUCCEDE?
Non è semplice vedere che cosa bolle nella pentola del governo perché ogni giorno salta fuori qualche dichiarazione o qualche indiscrezione su ciò che starebbe per accadere. E ancora più difficile è provare a fare un po’ di conti per capire se ci si rimette o ci si guadagna.
Per esempio, per quanto riguarda la scuola e la sanità la riforma sull’autonomia delle Regioni è un passo in avanti? Ci sarà più istruzione qualificata per i giovani e più disponibilità negli ospedali per tutti? Non sarebbe male dal momento che questi due fondamentali settori non se la passano troppo bene. Io sono tra gli ottimisti…
Marco G. - Per telefono da Roma
È vero quanto sostengono alcuni che dando più potere alle Regioni si finirà per creare tanti piccoli Stati all’interno dello Stato? Se così fosse sarebbe un bel guaio.
Lina Corsi - Per e-mail da Roma
Per quanto riguarda il lavoro che cosa comporta l’autonomia regionale? Ci sarà un miglioramento oppure il contrario? Ho provato a informarmi, ma spesso mi sono imbattuto nell’acronimo Lep, e allora mi sono arreso…
Stefano Corsi - Per telefono da Roma
All’indomani dell’approvazione da parte del Consiglio dei ministri della bozza Calderoli sull’autonomia differenziata delle Regioni, sono arrivate in redazione e-mail e telefonate di chiarimento ben rappresentate da queste tre che abbiamo deciso di pubblicare. L’argomento è poi passato in secondo piano perché altri eventi hanno occupato la ribalta: il terremoto in Siria-Turchia, la possibilità di un’ulteriore escalation della guerra in Ucraina, le vicende legate allo sciopero della fame dell’anarchico Alfredo Cospito, le elezioni per il rinnovo dei governatori in Lazio e Lombardia, e così via.
Però i lettori che hanno voluto esprimere le loro considerazioni hanno ragione. Tanto che il capo del governo, Giorgia Meloni, ha detto che l’obiettivo dell’iniziativa è “costruire un’Italia più unita e più coesa” che consentirà di superare gli “attuali divari” e che consentirà alle Regioni “di gestire direttamente materie e risorse per dare ai cittadini servizi più efficienti e meno costosi”.
Ma – al di là della soddisfazione del governo perché “stiamo rispettando il mandato avuto dai cittadini” – come stanno le cose? E quando la riforma che porta il nome del ministro degli Affari regionali potrà entrare in vigore? Vediamo.
Se tutto filerà liscio, se cioè le Regioni riusciranno a definire i Livelli essenziali di prestazione (ecco i Lep che hanno fatto alzare bandiera bianca a Stefano Corsi), entro quest’anno uno dei passaggi principali dovrebbe essere concluso. A quel punto, dopo il via libera definitivo del Consiglio dei ministri, la palla dovrebbe passare ai due rami del Parlamento chiamati a esprimersi sull’intesa preliminare raggiunta tra lo Stato e ciascuna Regione.
Insomma, il cammino del disegno di legge Calderoli è ancora lungo, e non si può escludere che alla fine l’intera normativa possa essere sottoposta a referendum.
Questo per ciò che si riferisce all’iter. Nel merito, i critici del Ddl hanno sottolineato come per la scuola c’è la possibilità di una differenziazione degli stipendi, più alti al Nord, con il rischio per il Sud di un ulteriore impoverimento del personale attratto dalle buste paga più consistenti, cosa che potrebbe valere pure per la salute anche se lo Stato è tenuto a garantire a tutti i cittadini le stesse prestazioni e gli stessi servizi sanitari.
Eccetera, eccetera. Che cosa pensano due degli attuali presidenti di Regione? Luca Zaia (Veneto): “È una bellissima notizia. Stiamo scrivendo una vera e propria pagina di storia”. Stefano Bonaccini (Emilia-Romagna): “La bozza Calderoli è sbagliata e quindi non se ne farà nulla. Abbiamo già un Paese a troppe velocità diverse”.
ACCREDITO DELLA PENSIONE: PROBLEMI SE NON SI AGGIORNANO I DATI
Ho cambiato banca e quindi anche i riferimenti per l’accredito della pensione. Non tutto, però, è filato liscio come mi avevano assicurato, tanto che ho dovuto correre ad aggiornare qualche dato.
Perché al momento di avviare la pratica non mi hanno avvertito di controllare ciò che andava controllato? Fatto sta che è saltato il primo versamento della pensione, poi recuperato il mese successivo. Ma, intanto, trovarmi senza i soldi dell’accredito non è stato piacevole.
A. A. - Per telefono da Roma
Può capitare se nel corso degli anni, per esempio, si è cambiato domicilio o ci si è dimenticati di comunicare altre variazioni rispetto a quelle segnalate all’apertura del conto. Per quanto riguarda l’Inps, ovviamente non ci sono problemi se i pensionati vogliono modificare l’Iban però bisogna effettuare alcune semplici operazioni. Per conoscerle clicca qui.
HO UNA LAUREA, SONO BRAVO MA AI COLLOQUI NON SO “VENDERMI”
Nella ricerca di un lavoro mi sono spesso trovato in difficoltà. I titoli di studio non mi mancano ma non riesco a farli fruttare. C’è chi mi ha detto che, oltre alla laurea, occorre imparare a “vendersi”, nel senso di sapersi muovere nei confronti degli interlocutori per convincerli della validità del curriculum.
A me sembra insensato. Insomma, possibile che debba contare più l’apparire che l’essere?
Mario R. - Per e-mail da Roma
Alla fine, sarà sempre l’essere ad avere la meglio. Ma non c’è dubbio che all’inizio – cioè al momento dei primi contatti e dei primi colloqui – l’apparire può giocare un ruolo importante.
È stato scritto, in proposito, che una delle usanze più tipiche del mondo militare è quella di attribuire un motto ad ogni unità di combattimento, al fine di condensare in un’unica frase lo spirito che la deve animare. Ebbene, molte compagnie di fucilieri assaltatori hanno per massima “Mai passare inosservati”, volendo con ciò sottolineare l’importanza di una attiva a intraprendente politica di auto-propaganda nell’ambiente circostante.
In una certa misura questo può valere anche per il mondo del lavoro: in una complessa società come l’attuale, dove si fronteggiano quotidianamente un’infinità di “competitori”, chi rimane nell’ombra non riuscendo a farsi una sufficiente pubblicità, ha meno possibilità di raggiungere il successo.
È chiaro, allora, che chi è intenzionato a trovarsi un impiego deve in qualche modo cercare di rendersi interessante e di reclamizzarsi, uscendo dalla moltitudine anonima. Attendere semplicemente che la montagna si rechi da Maometto, cioè che il posto di lavoro arrivi per una fortunata circostanza, è decisamente cosa poco saggia. Molto più proficuo, invece, è che Maometto si rechi alla montagna, ovvero che sia l’aspirante stesso ad adoperarsi affinché il suo nominativo venga portato a conoscenza del numero maggiore possibile di persone dell’ambiente nel quale intenderebbe operare.
È giusto? Non è giusto? Il dibattito è aperto.
Le domande dei lettori, le risposte degli esperti. N. 2/2023
1) Donne in gravidanza e neo-mamme: ecco il bonus da 800 euro. 2) L’aumento in busta paga di baby sitter, badanti e colf. 3) In quanto a occupazione siamo tra gli ultimi in Europa. 4) Come si distingue la trasferta dal trasferimento? 5) Ancora resiste l’incomunicabilità tra scuola e industria. 6) Quali permessi posso chiedere per fare un concorso.
1) DONNE IN GRAVIDANZA E NEO-MAMME: ECCO IL BONUS DA 800 EURO
In Italia le nascite diminuiscono di anno in anno ma non ci si preoccupa più di tanto. Eppure, se si guarda in prospettiva, le ricadute potrebbero essere pesantissime. Qualche misura è stata adottata per frenare questa tendenza ma chi ci capisce è bravo. Il legislatore deve essere convinto che in giro ci siano soltanto avvocati e che quindi il linguaggio dei provvedimenti può essere quello che si usa tra gli addetti ai lavori.
E poi, una volta fatte le leggi perché non si fa in modo di pubblicizzarle nella misura più ampia e semplice possibile? Per esempio, e a proposito delle nascite, so che c’è un bonus sia per le donne in attesa che per le neo-mamme. Ma tra promesse fatte e rimangiate, buoni propositi cambiati in corsa, e quant’altro, il rischio è di perderci la testa e non riuscire a utilizzare le agevolazioni che pure ci sono…
Marina Sala - Per e-mail da Roma
In effetti, comunicare bene è decisivo quando si varano leggi finalizzate ad aiutare le famiglie in momenti delicati come sono quelli che stiamo vivendo. In particolare, se ci si riferisce a un problema come quello della natalità. Marina Sala ha ragione, perché quel bonus al quale ha fatto riferimento è in vigore ma è vero che per conoscerne i particolari bisogna rivolgersi a qualche Caf oppure a qualcuno che sa come muoversi tra testi di legge, commi e articoli.
Proviamo, allora, a spiegare che cos’è quel bonus, quanto vale e chi può richiederlo. Prima di tutto c’è da dire che il “bonus mamma domani” – così si chiama – è in vigore dal 2017 ed è stato sempre rinnovato di anno in anno. Spetta alle donne al compimento del settimo mese di gravidanza, alle neo-mamme e anche a chi procede all’adozione nazionale o internazionale di un minore, o all’affidamento. Il beneficio è di 800 euro e viene concesso in un’unica soluzione per ogni evento (appunto, gravidanza, parto, adozione o affidamento).
La domanda va presentata all’Inps attraverso i sistemi telematici dell’Istituto, il contact center che risponde ai numeri 803.164 e 06.164164, oppure attraverso gli enti di patronato (Acli, Inca, Inas, Ital…).
Tra la documentazione da allegare ci sono: 1) il certificato dello stato di gravidanza; 2) l’autocertificazione della data del parto e le generalità del bambino con il codice fiscale; 3) per l’adozione/affidamento tutit i dati presenti nel provvedimento emesso dall’autorità competente.
L’Inps erogherà gli 800 euro entro un mese dal ricevimento della domanda. Per maggiori informazioni clicca qui.
Per quanto riguarda le culle vuote, un recentissimo rapporto dell’Istat ha accertato che nel 2022, rispetto al 2021, le nascite sono diminuite del 2,6% con un crollo che ha raggiunto oltre il 30% negli ultimi 13 anni. Più nel dettaglio, se a livello nazionale la flessione è stata – appunto – del 2,6%, Roma ha fatto registrare un -10%. Dati che non possono non imporre una seria riflessione perché di mezzo c’è la tenuta del welfare così com’è oggi.
2) L’AUMENTO IN BUSTA PAGA DI BABY SITTER, BADANTI E COLF
Sono nata in Brasile 35 anni fa e sono in Italia da più di 15 anni. Ho un regolare permesso di soggiorno e faccio la collaboratrice domestica. Ho sentito che è stato rinnovato il contratto di lavoro della mia categoria. È vero? E se sì, che cosa significa in termini di busta paga?
Ceres J. - Per e-mail da Roma
Dal 1° gennaio di quest’anno l’incremento della retribuzione di colf e badanti è del 9,2%. Ciò vuol dire che il livello minimo salariale di un lavoratore domestico non convivente (categoria C Super) per un impegno di 30 ore settimanali passa da 7,13 euro l’ora a 7,69 euro l’ora. In busta paga questo comporta un aumento mensile complessivo di circa 85 euro (da 926,90 euro a 1.012,70 euro). Invece, per una badante convivente a tempo pieno (categoria C Super) lo stipendio di 1,026,34 euro diventa 1,120,76 euro. Una baby sitter a tempo pieno (categoria B Super) che assiste un bambino fino a 6 anni passa da 1.234 euro a circa 1.349 euro.
Ciò in base all’adeguamento delle retribuzioni al tasso di inflazione rilevato dall’Istat il 30 novembre scorso.
Secondo l’Assindatacolf, l’associazione che rappresenta i datori di lavoro (Roma, via Principessa Clotilde 2. Tel. 06.32650952), gli aumenti, considerato anche il riflesso sui contributi, potrebbero incentivare il lavoro in nero. Mentre per il sindacato Filcams-Cgil (Roma, via Leopoldo Serra 31. Tel. 06.5885102) la decisione adottata dal ministero del Lavoro non ha accolto le proposte migliorative che erano state avanzate.
3) IN QUANTO A OCCUPAZIONE SIAMO TRA GLI ULTIMI IN EUROPA
Come si sa, trovare lavoro non è un’impresa facile anche se il tasso di occupazione è leggermente cresciuto. Soprattutto per i giovani è come scalare l’Everest. Quando non ci sarà più il reddito di cittadinanza a dare una mano a chi ha più bisogno, che cosa accadrà?
Stefano Lucci - Per e-mail da Roma
I dati sull’occupazione restano preoccupanti. Il nostro indice è del 60,5%, cioè 9,7 punti sotto la media europea, ben 17 punti meno della Germania e di Malta, 11 meno della Polonia e del Portogallo, 8 meno della Francia. Ci precede anche la Grecia. All’interno di questo quadro, particolarmente pesante è la condizione delle donne e dei giovani.
Il governo è impegnato a riformulare l’insieme delle politiche del lavoro nel tentativo di trovare una soluzione al problema che certo non è nuovo. In sostanza, a come rilanciare le opportunità di impiego utilizzando tutte le risorse disponibili, anche quelle provenienti dal Pnrr.
È una corsa contro il tempo in quanto una via d’uscita va trovata prima che il reddito di cittadinanza finisca in soffitta perché in quel momento si dovranno offrire ai beneficiari delle occasioni di impiego. Ci si riuscirà? Non si può non sperarlo. Altrimenti potrebbero essere guai seri.
4) COME SI DISTINGUE LA TRASFERTA DAL TRASFERIMENTO?
Capita spesso che per ragioni di lavoro la mia ditta mi richieda frequenti trasferte, che a volte durano più giorni. È regolare?
M. S. - Per e-mail da Roma
La trasferta, contrariamente al trasferimento, presuppone un mutamento temporaneo del luogo di svolgimento della prestazione lavorativa. Il concetto di “temporaneità” è molto ampio: può riguardare un giorno come alcune settimane.
Più la trasferta è lunga più i contorni sfumano e diventa difficile distinguerla dal trasferimento. In linea generale si può sostenere che si è in presenza di trasferta quando il mutamento della sede conserva i caratteri della “provvisorietà”, cioè quando è dettato da una situazione speciale cessata la quale è previsto il ritorno nella primaria sede di lavoro.
Non possono, ad esempio, qualificarsi “trasferte” gli spostamenti dei lavoratori che, per la natura stessa dell’attività che svolgono, effettuano le loro prestazioni in località sempre diverse.
Individuare esattamente se si è in trasferta oppure no è importante in quanto a questo istituto sono collegabili obblighi di tipo retributivo e adempimenti di natura fiscale e previdenziale.
In genere, e salvo diversa previsione dei contratti collettivi, il datore di lavoro può inviare il dipendente in missione o trasferta senza le limitazioni che regolano il trasferimento: vale a dire le imprescindibili ragioni tecniche, organizzative e produttive.
5) ANCORA RESISTE L’INCOMUNICABILITÀ TRA SCUOLA E INDUSTRIA
Sono il titolare di una piccola azienda tecnologicamente molto avanzata. Non ho problemi con i prodotti made in China e, in generale, mi ritengo abbastanza soddisfatto nonostante il momento difficile che stiamo attraversando.
Finora le vere difficoltà le ho incontrate quando ho avuto bisogno di rafforzare lo staff dei miei collaboratori. Colloqui su colloqui, ma di persone all’altezza nemmeno l’ombra. Le scuole – e le università in particolare – che cosa fanno? Che cosa ne è della concertazione tra gli atenei e l’industria?
Massimo R. - Per e-mail da Roma
Fino a pochi anni fa, tra le università e l’universo produttivo non c’erano – di fatto – rapporti. Ognuno per la sua strada. Poi si è capito che così non si poteva più andare avanti perché il rischio era di creare non solo un esercito di laureati senza lavoro ma, contemporaneamente, di non riuscire a rispondere alle esigenze dell’industria. Si sono allora creati tavoli comuni, si sono moltiplicati gli incontri tra le parti in causa, si è dato slancio alle banche telematiche.
Molto, tuttavia, resta da fare se è vero che una ricerca ha accertato che la maggioranza degli occupati intervistati ha dichiarato che scuola e università non forniscono le competenze necessarie per arrivare rapidamente alla firma di un contratto di lavoro.
Ed è anche questo, cioè la scarsa qualità del capitale umano – ha sottolineato la ricerca – “uno dei fattori alla base delle difficoltà economiche italiane”.
6) QUALI PERMESSI POSSO CHIEDERE PER FARE UN CONCORSO?
Lavoro presso uno studio come addetta alla segreteria. Ho un contratto a tempo indeterminato, part time. Prossimamente dovrò effettuare delle prove preselettive per alcuni concorsi pubblici.
I giorni che mi servono per effettuare queste prove verranno considerati come permessi oppure, portando l'attestazione di presenza che mi verrà rilasciata, mi verranno scalati come ferie? Ho dato un'occhiata al Ccnl (dipendenti studi professionali) ma vi viene menzionato solo il caso di esami universitari.
V. P. - Per e-mail da Roma
I lavoratori dipendenti hanno diritto di assentarsi dal lavoro usufruendo di permessi e – al riguardo – i contratti collettivi possono integrare le previsioni legali.
Ciò detto, i permessi possono essere di diverso tipo, e in particolare: 1) per la formazione del lavoratore; 2) connessi ai diritti sindacali; 3) legati alla maternità; 4) le cosiddette ex festività abolite, per complessive 32 ore.
Nella fattispecie sottoposta dalla lettrice, poichè non si tratta di permessi usufruibili per la formazione, trattandosi di concorsi per esami, converrà utilizzare i permessi per le ex festività, dal momento che in base a molti Ccnl ogni mese si matura 1/12 delle 32 ore.
Le domande dei lettori, le risposte degli esperti. N. 1/2023
1) Ma il nuovo reddito di cittadinanza è una presa per i fondelli? 2) Roma, il ritorno dei turisti e i rifiuti sparsi ovunque. 3) L'inflazione e le pensioni: così gli aumenti per il 2023. 4) È possibile frequentare un ateneo francese? 5) Come dobbiamo regolarci per le ferie della nostra colf? 6) Mica bazzecole: l’abbandono scolastico ci costa 28 miliardi.
1) MA IL NUOVO REDDITO DI CITTADINANZA È UNA PRESA PER I FONDELLI?
Il governo aveva bisogno di trovare risorse per la Legge di Bilancio e ha pensato bene di trovarle accorciando il reddito di cittadinanza. Adesso il problema è creare posti di lavoro da offrire a chi si troverà senza più quel sussidio che ha consentito a tanti di tirare avanti. Accadrà? Io lo spero ma non capisco da dove possano saltare fuori visto che sul versante dell’occupazione ci aspettano mesi ancora difficili.
Cinzia Bonini - Per telefono da Roma
Non sono un difensore a occhi chiusi del reddito di cittadinanza perché il meccanismo di assegnazione andava rivisto e migliorato. Ma tra questo e la decisione di toglierlo di mezzo ce ne corre. E mi preoccupa la faciloneria con cui si stanno affrontando i tempi che riguardano il lavoro. Per esempio, non mi sembra che per quanto riguarda le politiche attive ci siano idee chiare e propositive…
Michele F. - Per e-mail da Roma
Se non sbaglio, nella nuova formulazione del reddito di cittadinanza è scomparso il termine “congruo” in merito alla qualità della proposta di lavoro che deve essere fatta ai percettori del sussidio. Insomma, per capirci, a un ingegnere disoccupato potrebbe essere offerto un posto come raccoglitore di pomodori. E per di più, in caso di rifiuto, si perderebbe automaticamente il sussidio. Andiamo bene!
Antonio Sanna - Per e-mail da Roma
La riformulazione del reddito di cittadinanza da parte del nuovo governo è stata particolarmente travagliata. Si è partiti dalla sua totale abrogazione, adombrata nel coso della campagna elettorale, per approdare ad una fine più graduale: prima 8 mesi di proroga che poi sono diventati 7. L’obiettivo, comunque, resta quello di cancellare il provvedimento per evitare – sostiene la maggioranza raccolta intorno a Giorgia Meloni – che l’assegno continui ad incoraggiare chi lo riceve a non darsi da fare nella ricerca di un impiego.
In verità, in difesa del Rdc si sono levate parecchie voci, alcune certamente non di parte. Tra queste, Banca d’Italia che recentemente ha fatto sapere che “senza il reddito di cittadinanza nel 2020 ci sarebbero stati un milione di poveri in più”, che la sua introduzione “è stata una tappa significativa nell’ammodernamento del nostro welfare”, e che il provvedimento iniziale, non privo di aspetti critici, con la riforma potrebbe aumentare le difficoltà di tante persone.
Tuttavia, la revisione complessiva del governo “potrebbe essere un’occasione per rafforzare l’efficacia delle misure nel raggiungere le situazioni di bisogno. Non va peraltro dimenticato che i radicali cambiamenti dei paradigmi produttivi in corso a livello globale potrebbero rendere obsolete le competenze di molti lavoratori, richiedendo il rilancio delle misure a sostegno del reddito. Nell’attuazione di queste misure bisognerà prestare attenzione ai rischi di aumento dell’ìndigenza nelle aree dove il reddito di cittadinanza è più diffuso e il mercato del lavoro strutturalmente malfunzionante… la riduzione delle mensilità del sussidio prevista per il 2023, destinata ai nuclei individuati in base all’età e alle condizioni di salute, potrebbe riguardare anche i nuclei familiari difficilmente in grado di trovare una fonte di reddito alternativa sul mercato del lavoro, per di più in un contesto di rallentamento dell’economia e con un costo della vita in significativo aumento”.
Di conseguenza, sempre secondo Banca d’Italia, sarebbe necessario il “rafforzamento degli obblighi formativi per i beneficiari del reddito attraverso il sistema della riqualificazione professionale che presuppone un’adeguata offerta di corsi soprattutto nelle regioni meno sviluppate del Paese”.
Per quanto riguarda le nuove norme del reddito di cittadinanza, l’offerta di lavoro deve essere superiore agli 858 euro mensili, non deve essere inferiore ai 3 mesi e la distanza tra la sede e il luogo di residenza non può superare i 100 chilometri o deve essere raggiungibile entro 100 minuti con il trasporto pubblico. In più c’è l’obbligo di partecipare ad un corso di formazione o riqualificazione professionale della durata di 6 mesi. In caso di rifiuto decade il diritto al Rdc.
Di fronte a questi parametri non sono mancate le obiezioni. Una su tutte, proprio quella della distanza in relazione al livello della busta paga. Se a questo si aggiunge anche la scomparsa dell’”offerta congrua”, il meccanismo – è stato fatto osservare – sembra fatto apposta per tagliare fuori dal reddito il numero maggiore di persone. Con i rischi messi in evidenza da Banca d’Italia.
2) ROMA, IL RITORNO DEI TURISTI E I RIFIUTI SPARSI OVUNQUE
Con il problema del lavoro il tema di Roma più pulita sembrerebbe entrarci poco o nulla. Ma non è così perché ci sono i turisti che, di fronte allo stato in cui versa la Capitale, potrebbero orientarsi verso altre destinazioni. E poi Roma è in corsa per ospitare Expo 2030, che significa un bel movimento di quattrini e di sponsor oltre che di investimenti.
Se le cose non cambieranno dubito che chi ci deve scegliere punterà sulla Città Eterna. Sarebbe un peccato dopo che, quando Virginia Raggi era al comando del Campidoglio, rinunciò alle Olimpiadi 2024. Stavolta a decidere potrebbero essere i cassonetti strapieni di rifiuti…
Emanuele Protti - Per e-mail da Roma
In effetti, tra Natale e Capodanno a Roma è sbarcato più di mezzo milione di turisti e gli alberghi si sono riempiti all’85%, cosa che non si verificava dai tempi pre-Covid quando le presenze nella Capitale viaggiavano con il vento in poppa. Rispetto allo stesso periodo del 2019, le prenotazioni di camere sono state il 70% in più e la tendenza è andata avanti fino all’Epifania. Sono dati migliori di quelli di Parigi, Berlino e Amsterdam.
C’è stato il grande ritorno degli americani e le previsioni per il resto dell’anno che è appena cominciato dicono che l’industria dell’accoglienza può tornare a sorridere. Ciò significa che i posti di lavoro potrebbero moltiplicarsi in caso dell’assegnazione di Expo 2030. Ma Roma deve cambiare passo. Ha ragione Emanuele Proti: intorno al Colosseo e alle eredità della storia, l’immagine che oggi la Capitale offre di sé non è certamente delle più positive.
3) L’INFLAZIONE E LE PENSIONI: COSÌ GLI AUMENTI PER IL 2023
Sono un pensionato alle prese con l’aumento del costo della vita. Leggo di rivalutazione e di adeguamento, ma a oggi non riesco ancora a capire che cosa accadrà al mio assegno. Non ci sono meccanismi automatici che dovrebbero tutelarci?
Marco B. - Per e-mail da Roma
Sì, ci sono soprattutto quando l’inflazione “mangia” il potere d’acquisto. Poi però la palla passa ai governi che hanno il potere di decidere le percentuali di oscillazione e che in genere hanno il braccino corto. Anche stavolta non è andata proprio bene, tanto che non tutti riusciranno a recuperare quanto hanno perso con l’inflazione che per il 2022 è stata calcolata al +7,3%.
Infatti, l’adeguamento del 100% riguarderà le pensioni fino a 2.101,52 euro lordi mensili. Per tutte le altre gli aumenti sono inferiori a quel 7,3%. Così una pensione fino a 3.000 euro lordi avrà una rivalutazione di 116 euro al mese (+3,869%) anziché 208 euro, una pensione di 6.000 euro lordi mensili aumenterà di 140 euro anziché 373, e così via.
C’è da aggiungere che le pensioni minime per chi ha sopra i 75 anni sono state portate a 600 euro. Questo per il 2023. Poi toccherà alla Legge di Bilancio 2024 ridefinire i nuovi parametri.
4) È POSSIBILE FREQUENTARE UN ATENEO FRANCESE?
Sto pensando di iscrivermi a una università francese. Ci sono particolari problemi da superare? Devo darmi da fare per raccogliere dati e documenti? E se sì, quali?
Fiorella Ranieri - Per e-mail da Tivoli
La formazione e la mobilità dei giovani in ambito europeo non solo sono possibili ma vengono incoraggiate. Il principio-guida è la parità di trattamento: vale a dire che, nella fattispecie, uno studente italiano che decide di frequentare i corsi di una università francese può farlo alle stesse condizioni stabilite per i cittadini d’Oltralpe.
In sostanza, non possono esserci discriminazioni, come spese di iscrizione più elevate. Il principio della parità è valido per tutti i Paesi dell’Ue, anche se le condizioni di accesso agli istituti sono fissate dai singoli Stati e possono variare sensibilmente da un Paese all’altro. Per esempio, la padronanza della lingua può costituire un requisito determinante. Per questo, prima dell’iscrizione, può essere richiesto il superamento di un esame destinato ad accertare le conoscenze linguistiche degli studenti provenienti da altre nazioni.
Per qualsiasi informazione si può comunque contattare l’ambasciata francese in Italia, che si trova in piazza Farnese 67 - 00186 Roma. Tel. 06.686011.
5) COME DOBBIAMO REGOLARCI PER LE FERIE DELLA NOSTRA COLF?
Abbiamo da circa un anno una collaboratrice domestica assunta con contratto a tempo indeterminato. In vista della prossima estate, per non farci trovare impreparati, stiamo già ragionando sulle ferie. Quanti giorni dobbiamo prevedere? È possibile frazionarle? Il periodo lo possiamo scegliere noi oppure dobbiamo accogliere quello che ci verrà indicato?
Marcella Boni - Per telefono da Roma
Il contratto delle Colf è chiaro su tutti i punti segnalati: 1) sono 4 le settimane di ferie che spettano ogni anno di servizio; 2) sì, si possono frazionare ma in non più di due momenti; 3) il periodo deve essere compreso tra giugno e settembre, come gran parte del Ccnl, ma se ci sono particolari esigenze e se c’è l’accordo di tutte le parti le date possono anche essere diverse.
Maggiori informazioni si possono chiedere a Assindatcolf (tel. 06.32650952, via Principessa Clotilde 2 - 00196 Roma); Domina (tel. 06.50797673, viale Pasteur 77 - 00144 Roma); Assofamiglie (tel. 06.98381500, via Merulana 134 - 00185 Roma).
6) MICA BAZZECOLE: L’ABBANDONO SCOLASTICO CI COSTA 28 MILIARDI
Se è vero – come è vero – che l’ascensore sociale si è fermato ciò è dovuto, secondo me, al fatto che la scuola non è più in grado di preparare i giovani alle necessità del mondo della produzione. Fino a qualche anno fa un diploma o una laurea erano dei passaporti più che validi. Oggi se non si ha quel diploma o quella laurea si è tagliati fuori.
Per questo tanti ragazzi non riescono a trovare lavoro. La responsabilità è di chi dovrebbe fare orientamento e non lo fa (o lo fa male) e della scuola che si preoccupa solo di riempire le aule e poi che ognuno si arrangi.
Carla Simoni - Per e-mail da Roma.
L’ascensore sociale si è fermato perché, come è stato rilevato, i giovani che provengono da famiglie ricche o comunque senza problemi di portafoglio, hanno potuto continuare a frequentare percorsi scolastici migliori e costosi in grado di garantire, al termine, una via preferenziale all’occupazione. Non è una novità, però la crisi ha senza dubbio accentuato il fenomeno.
Ma c’è di più. Per esempio, negli ultimi 5 anni l’abbandono scolastico ha subito una notevole impennata tanto che dei 6.114.644 iscritti al primo anno delle superiori ben 1.744.142 non hanno concluso gli studi.
Particolarmente alto l’abbandono negli istituti professionali (-47,1% in Sardegna. -42,7% in Sicilia, -40,7% in Campania), negli istituti tecnici (-34,8% in Campania, -32,1% in Molise, -31,7% in Sardegna), negli istituti magistrali (-34,4% in Sardegna, -24,8% in Piemonte, -24,1% in Lombardia), nei licei artistici (-34,2% in Emilia Romagna, -30,5% in Campania, -28,7% in Toscana), nei licei scientifici (-26,7% in Sardegna, -24,2% in Lombardia, -23,1% in Toscana).
Siccome per ogni studente delle secondarie superiori lo Stato impegna ogni anno quasi 7.000 euro, il costo della dispersione scolastica oscilla intorno ai 28 miliardi di euro.
Da aggiungere il costo a perdere di chi ce l’ha fatta a prendersi una laurea e poi si è visto costretto a portare le sue conoscenze in un altro Paese perché qui in Italia non è riuscito a trovare un impiego
Le domande dei lettori, le risposte degli esperti. N. 15/2022
1) Reddito di cittadinanza: tanti i messaggi dai lettori. 2) L’occupazione tra impegni sulla carta e realtà. 3) Quelle lauree più sicure e quelle così così. 4) Cosa fare se il call center non paga gli stipendi. 5) Difendiamo la Sanità pubblica: ecco i miei 9 punti. 6) Infortuni e lavoro: la legge tutela anche i tirocinanti.
1) REDDITO DI CITTADINANZA: TANTI I MESSAGGI DAI LETTORI
Ci voleva il quotidiano della Cei “Avvenire” per stroncare la riforma del reddito di cittadinanza decisa dal nuovo governo. Non lo ricordo bene ma mi pare che, più o meno, ha parlato di colpo ai poveri.
Ha ragione. Va bene correggere ciò che non ha funzionato ma così si toglie dalla tasca dei più deboli anche quel pochi soldi che hanno evitato a tanti di sprofondare.
Ciro M. - Per e-mail da Roma
Ho letto i messaggi che nello scorso numero vi sono arrivati sul reddito di cittadinanza. Nei testi la preoccupazione era tanta. La realtà ha confermato anche le previsioni più pessimistiche. Questa è l’Italia: chi è ai margini della società e non sa come farsi sentire può essere preso a calci…
Chiara Belli - Per telefono da Roma
Se ho capito bene, il reddito di cittadinanza sparirà dal 2024. Spero che nel frattempo il governo inciampi e sia costretto alle dimissioni in modo che il discorso si possa riaprire.
N. T. - Per e-mail da Tivoli
Non so se la decisione del governo sul reddito di cittadinanza sia la più giusta ma certo così come è stato pensato all’inizio ha permesso non pochi raggiri. Pochi giorni fa hanno scoperto che il proprietario di un’imbarcazione di lusso era tra i beneficiari del sussidio. E prima ancora sono sstati individuati tanti altri furbetti.
Cesare D. - Per telefono da Roma
La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, tra le prime dichiarazioni ha detto che la pacchia è finita. Ma finita per chi? Non certo per chi non paga le tasse e nemmeno per chi paga i dipendenti con un tozzo di pane. Ai poveri, invece, viene tolto anche il reddito di cittadinanza.
S. E. - Per e-mail da Roma
L’Italia non può essere una repubblica fondata sui bonus. Le risorse devono essere messe sullo sviluppo senza il quale non si creano ricchezza né occupazione.
Non c’è dubbio che il reddito di cittadinanza ha favorito gli appassionati del divano piuttosto che del lavoro.
Michele Corsi - Per e-mail da Roma
Basta con chi preferisce rimanere a casa anziché cercarsi un impiego. Il reddito di cittadinanza ha distorto il mondo del lavoro.
Dario Celli - Per telefono da Roma
Questi sono alcuni dei messaggi arrivati in redazione sul reddito di cittadinanza. Già nello scorso numero – come qui sopra ha ricordato Chiara – ne abbiamo pubblicati altri solo che allora il governo non si era ancora pronunciato.
Adesso che il Consiglio dei Ministri, all’interno della Legge di Bilancio, ha messo nero su bianco il quadro è chiaro. Il Rdc verrà abrogato a partire dal 1° gennaio 2024, cioè tra poco più di 1 anno. Nel frattempo verrà gradualmente cancellato per coloro che sono in grado di lavorare e hanno tra i 18 e i 59 anni e ai quali si proverà a proporre un impiego e un periodo di formazione di 6 mesi.
Comunque, entro i prossimi 8 mesi i beneficiari dell’assegno continueranno a percepirlo se non riceveranno un’offerta di lavoro mentre non potranno rifiutarsi di frequentare un corso di qualificazione o riqualificazione. Se si riceve un’offerta di lavoro e la si rifiuta si perderà il diritto al reddito.
Continueranno a ricevere regolarmente il Rdc fino alla fine del 2023 coloro che non sono abili al lavoro, hanno in famiglia disabili, minori o anziani over 60.
Dal 1° gennaio 2024 dovrebbe entrare in vigore una nuova forma di sussidio riservata ai più poveri che è ancora da scrivere e che farà parte di uno dei prossimi disegni di legge.
Si vedrà quante proposte di lavoro salteranno fuori e se saranno congrue con la professionalità di chi le riceve. Lo snodo è proprio questo: in una prospettiva economica che si annuncia ingarbugliata si riuscirà a trovare quei circa 600.000 posti, perché tanti sono coloro che nei calcoli dovrebbero uscire dal reddito di cittadinanza?
Tra le misure decise dal governo c’è anche una stretta sui controlli, in modo da ridurre il più possibile l’erogazione dell’assegno a chi non ne ha i requisiti.
Per saperne di più si può leggere il comunicato stampa emesso al termine del Consiglio dei Ministri del 21 novembre e che riguarda anche le misure contro il caro energia, il pacchetto di aiuti per le famiglie, il cuneo fiscale, il contributo per le scuole paritarie, l’anticipo pensionistico, il tetto al contante, la flat tax, la riattivazione della società Ponte dello Stretto. Per consultarlo clicca qui.
2) L’OCCUPAZIONE TRA IMPEGNI SULLA CARTA E REALTÀ
Entro il 2026 l’Italia dovrebbe realizzare gli obiettivi per i quali l’Unione europea, nel programma New Generation, si è impegnata a darci poco più di 200 miliardi di euro (che in parte ci sono già stati versati). Sarà per la pandemia, sarà per le difficoltà provocate dalla guerra in Ucraina ma a me pare che siamo piuttosto indietro.
Per esempio, sull’occupazione femminile e dei giovani non si è fatto, e si continua a non fare, abbastanza. Sulla carta si sa bene dove bisognerebbe mettere le mani ma si sta procedendo a passo di lumaca. Non vorrei che a Bruxelles si accorgessero dei ritardi e ci bloccassero le tranche che ancora ci devono arrivare.
Marta Guerrini - Per e-mali da Firenze
In verità, nel Piano nazionale di ripresa e resilienza c’è gran parte di ciò che auspica la lettrice. Tra l’altro, viene indicato che ha “un ruolo di grande rilievo il sostegno all’occupazione femminile e al contrasto alle discriminazioni di genere, all’incremento delle prospettive occupazionali dei giovani, al riequilibrio territoriale e allo sviluppo del Mezzogiorno e delle aree interne”.
In più, si pone l’attenzione sulla qualità dei posti di lavoro creati, la garanzia del reddito durante le transazioni occupazionali e si segnalano una serie di interventi per rilanciare le politiche attive del lavoro anche attraverso l’introduzione di una riforma organica e integrale delle iniziative in grado di promuovere l’occupazione, l’introduzione della certificazione della parità di genere e lo sviluppo dei Centri per l’impiego
C’è anche motto altro nel documento che porta la firma di Mario Draghi e che il nuovo governo di Giorgia Meloni, proprio perché legato all’erogazione di quei 200 miliardi di euro, ha confermato in pieno.
Ora si tratta di trasformare un’eredità di buone intenzioni in fatti. L’occupazione resta un punto decisivo. Ma, come si diceva nella risposta ai messaggi sul reddito di cittadinanza, se l’economia dovesse subire battute d’arresto bisognerà pensare a come tutelare le fasce più deboli.
3) QUALI LE LAUREE PIÙ SICURE E QUELLE COSÌ COSÌ
Di tanto in tanto vengono pubblicati i dati sulle lauree più utili ai fini del lavoro. Ne ho alcuni che risalgono a un paio di anni fa. Ce ne sono di più recenti?
Chiara Mirabelli - Per e-mail da Roma
Per questo tipo di analisi il riferimento più autorevole è Almalaurea, il Consorzio universitario al quale aderiscono 75 atenei e che rappresenta il 91% dei laureati italiani.
Secondo l’ultima indagine, le lauree più richieste e che fanno guadagnare di più riguardano le professioni sanitarie e quelle di ingegneria, quindi le statistico-economiche, le scientifiche, le chimiche e quelle in architettura. Tra i primissimi posti ci sono quelle che ormai vengono chiamate lauree Stem (science, technology, engineering e matematics). Qui il tasso di occupazione è mediamente intorno all’88%. Le retribuzioni variano tra i 1.700 e i 2.000 euro.
Sono invece meno sicuri i laureati dei gruppi letterario, giuridico, geo-biologico, insegnamento, psicologia, politico-sociale e agraria.
4) COSA FARE SE IL CALL CENTER NON PAGA GLI STIPENDI
Abbiamo lavorato per un call center di Roma che, in seguito al mancato pagamento degli stipendi di due mesi, e dopo le nostre proteste, ha promesso che tutto sarebbe stato regolato in breve tempo.
Ma così non è stato. Sappiamo che anche ad altri è capitata la stessa cosa. Abbiamo in mano i contratti regolarmente firmati e sottoscritti dalla società, con i relativi impegni anche per quanto riguarda la parte salariale. Che cosa dobbiamo fare?
Lettera firmata - Da Roma
I lavoratori che non hanno ricevuto i compensi pattuiti, laddove in possesso dei contratti di lavoro che specificano l’ammontare della retribuzione, possono certamente adire il Giudice del Lavoro del luogo dove hanno svolto la loro attività (indipendentemente da ogni diversa clausola inserita nel contratto) per ottenere l'ingiunzione di pagamento.
5) DIFENDIAMO LA SANITÀ PUBBLICA: ECCO I MIEI 9 PUNTI
Gentile redazione, vi mando questo mio semplice scritto. Se lo ritenete utile, pubblicatelo.
1) Che sia applicato l’articolo 32 della nostra bella Costituzione, dove dice che il diritto alla salute deve essere garantito a tutti i cittadini e in eguale misura.
2) Che sia applicata la legge 833/78, quella che ha istituito il Servizio sanitario italiano, dove stabiliscono principi e obiettivi per la salute dei cittadini, la prevenzione, la cura e la riabilitazione. Le Regioni devono mettere in atto i meccanismi operativi affinché si realizzi davvero ciò che c’è scritto in questa legge.
3) Con i soldi che arrivano dall’Europa per la Sanità vanno programmati piani, progetti di miglioramento e sviluppo della Sanità pubblica e ospedali più efficienti. E sul territorio si devono costruire case della salute, case della comunità e piccoli ospedali che vanno poi gestiti da personale dipendente del Ssn e non dati in gestione a privati che guardano principalmente ai loro profitti. Di conseguenza occorre il personale necessario e preparato professionalmente per fare una buona prevenzione e prestare cura ai cittadini più fragili e bisognosi, potenziando anche l’assistenza domiciliare. Ciò anche come filtro per non intasare ospedali e pronto soccorso e diminuire le liste di attesa per esami e visite specialistiche.
4) È urgente mettere mano alla carenza di personale nelle strutture ospedaliere: mancano circa 50.000 medici e circa 100.000 infermieri più altro personale. Bisogna fare subito un piano di potenziamento delle università per preparare un numero sufficiente di medici e infermieri che poi, lasciatemelo dire, vanno pagati meglio in base alla loro professionalità. Tanti Infermieri vanno all’estero perché lo stipendio è più del doppio di quello che si prende qui in Italia.
5) Nella nostra Sanità pubblica va investito di più e meglio. Qui da noi si spende circa il 7% del Pil quando in Germania si spende circa l’11%.
6) Nella Sanità pubblica ci devono essere solo dipendenti con contratto sanitario pubblico; non ci devono essere cooperative né agenzie che vanno lasciate ai privati.
7) Gli appalti per la fornitura di materiale, mezzi, costruzione di nuove strutture, ristrutturazioni e convenzioni, devono essere trasparenti e senza sprechi. I direttori generali delle Aziende socio-sanitarie territoriali e le Agenzie territoriali della salute vanno assunti con concorsi pubblici europei con criteri di competenza, preparazione e responsabilità.
8) Ai miei cari concittadini dico che dobbiamo essere uniti con i lavoratori della Sanità e dobbiamo batterci per difendere la Sanità pubblica: il nostro Ssn è ancora uno dei migliori del mondo e dobbiamo fare in modo che sia migliorato e che il diritto alla salute sia veramente garantito a tutti e in eguale misura.
9) Per finire, un grazie speciale a tutto il personale della Sanità per il bel servizio che svolge con scienza e coscienza per rispondere ai bisogni e alla cura degli ammalati.
Francesco Lena - Cenate Sopra (Bergamo)
6) INFORTUNI E LAVORO: LA LEGGE TUTELA ANCHE I TIROCINANTI
La protezione contro gli infortuni nei luoghi di lavoro riguarda anche chi svolge un tirocinio a titolo gratuito?
Marta Brindisi - Per e-mail da Roma
Secondo il Testo Unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, il lavoratore è la persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari. Nella tutela Inail rientrano i lavoratori dipendenti, i parasubordinati e alcune tipologie di autonomi, come artigiani e coltivatori diretti.
Invece, per ciò che concerne il tirocinio, quello a titolo gratuito non è più previsto dalle norme in vigore e sono le Regioni (Dgr n. 112 del 22 febbraio 2018) che ne regolano lo svolgimento. La durata va da 2 mesi a 12 mesi. Nel Lazio, l’entità del rimborso minimo è di 800 euro mensili per un periodo massimo di 6 mesi.
Le domande dei lettori, le risposte degli esperti. N. 14/2022
1) Togliere di mezzo il Rdc? Senza più lavoro è sbagliato. 2) I titolari di partita iva e l’una tantum di 200 euro. 3) Il destino dei navigator: esperienze da non dispedere. 4) Se appartieni al pianeta degli “anta” vieni discriminato. 5) Spesso ti chiedono l’ISee: ma questa sigla che cosa sgnifica? 6) Pensione: se voglio cambiare la banca di accredito.
TOGLIERE DI MEZZO IL RDC? SENZA PIÙ LAVORO È SBAGLIATO
Non so quanto guadagna un deputato o un senatore ma credo non poco. E mi immagino ancora di più un ministro. Che adesso tutte queste persone stiano pensando di togliere il reddito di cittadinanza a chi non sa come tirare avanti mi fa uscire di testa. Ma dove vivono? Sanno che cosa significa essere poveri?
Claudio Marini - Per telefono da Roma
Il reddito di cittadinanza ha aiutato tanta gente ad attraversare i difficili mesi della pandemia e quelli della crisi legata alla guerra in Ucraina. È vero che ci sono stati – e magari ancora ci sono – i furbetti che si sono messi impropriamente in tasca l’assegno. Ma allora, anziché abolire il Rdc, come si sente dire, perché non controllare meglio i beneficiari in modo da eliminare le “pietre dello scandalo” che stanno fornendo l’occasione di cancellare uno dei pochi provvedimenti pensati per sostenere gli ultimi della società?
Marcello Vincenzi - Per e-mail da Roma
Più risorse per creare lavoro e meno sussidi dati persino a chi non ne ha diritto. Se è questa la logica di chi vuole riformare il reddito di cittadinanza io sono d’accordo.
Carlo Seghetti - Per e-mail da Roma
Proprio mentre l’inflazione rende tutto più caro e i prossimi mesi si annunciano come i più difficili degli ultimi anni, ecco che si va all’assalto di quel poco che lo Stato mette a disposizione di chi è con le spalle al muro. Complimenti!
Laura F. - Per e-mail da Latina
Giù le mani dal reddito di cittadinanza. Oppure si aumentino concretamente le possibilità di lavoro. Senza il Rdc e senza uno stipendio non è possibile vivere.
Stefano Caselli - Per e-mail da Roma
Come hanno fatto a incassare il reddito di cittadinanza quelli che non avevano i requisiti in regola? Questo è il vero problema. Di chi è la responsabilità?
Michele T. - Per e-mail da Roma
Nel nostro welfare ci sono falle che permettono a troppi di approfittarsi dello Stato. Il nuovo governo deve sistemare ciò che non va e non togliere di mezzo misure che sono proprie di un Paese civile, come il reddito di cittadinanza.
Antonella Felici - Per e-mail da Roma
Con l’introduzione del reddito di cittadinanza in Italia non è sparita la povertà, come disse Luigi Di Maio quando venne approvata la legge che lo istitutva. Ma ha aiutato tante persone senza lavoro e senza reddito a resistere. È una realtà che non può essere messa in discussione. Certo, non tutto ha funzionato per il verso giusto: quindi, che si corra ai ripari ma non si butti il bambino con l’acqua sporca.
Paolo M. - Per telefono da Rieti
Prima nel corso della campagna elettorale che ha portato al voto dello scorso 25 settembre, poi dopo i primi passi del governo di Giorgia Meloni il tema del reddito di cittadinanza è tornato in primo piano. La ragione sta nei quasi 7 miliardi di euro che lo Stato deve mettere in campo ogni anno per sostenerlo e che, secondo alcuni esponenti che fanno parte dell’Esecutivo, potrebbero essere spesi più utilmente (per esempio, per finanziare la riforma delle pensioni con quota 41 o migliorare i meccanismi che dovrebbero agevolare l’inserimento nel mondo della produzione).
Si capirà meglio quando tra qualche settimana verrà presentata la Legge di Bilancio perché lì ci sarà nero su bianco come lo Stato intende indirizzare e caratterizzare la sua azione. Dalle indiscrezioni che circolano sembra che un taglio ci sarà comunque ma che si cercherà di “salvaguardare i soggetti effettivamente più fragili non in condizione di lavorare”, come ha affermato il/la presidente del Consiglio. In sostanza “pensionati in difficoltà, invalidi, chi ha figli minori di cui farsi carico”.
E gli altri che non hanno un impiego? Nei loro confronti si tornerà a offrire una “congrua” opportunità di lavoro, cioè in linea con il titolo di studio, l’esperienza e l’eventuale professionalità. In caso di risposta negativa, si decadrà dal beneficio. Con il governo Conte-1, le proposte di impiego erano 3, scese a 2 con quello di Mario Draghi.
Il meccanismo ha funzionato solo in minima parte. Adesso, che cosa ci si inventerà nell’ambito di quella che è stata chiamata “manutenzione” del reddito di cittadinanza? Ancora non si sa, anche se la risposta è semplice: creare contemporaneamente più posti, in modo che – di fronte a una offerta davvero “congrua” – è difficile per chi la rifiuta continuare a percepire il Rdc.
È stato calcolato che sarebbero poco più di 660.000 le persone alle quali, se passasse questo ragionamento, dovrebbe essere trovato un contratto serio e non un lavoretto qualsiasi. Possibile? Non impossibile ma nemmeno a portata di mano.
Anche i lettori di “Lavoro Facile” sono stati chiamati a pronunciarsi, attraverso il Sondaggione, sul reddito di cittadinanza. Così, dopo un anno dalla sua introduzione, alla domanda di dare un voto, il 38% ha risposto “da migliorare”, la stessa percentuale si è espressa per “bocciato”
e il 24% per “promosso”.
Più recentemente, sul numero 13 di quest’anno, alla domanda: “Quale fra queste misure è da approvare con urgenza?”, al primo posto con il 46% c’è “aumentare gli stipendi”, al secondo con il 36% “rilanciare il lavoro”, al terzo con l’11% “fissare il salario minimo” e al quarto con il 6% “confermare il reddito di cittadinanza”.
Segno che in cima ai pensieri c’è il lavoro e non l’assistenzialismo. Ma il lavoro va creato e su questo le idee sono piuttosto confuse. Ecco perché, in attesa della svolta, il Rdc non può essere tolto di mezzo. La preoccupazione che si legge nelle e-mail pubblicate qui sopra è quindi più che giustificata.
I TITOLARI DI PARTITA IVA E L’UNA TANTUM DI 200 EURO
Sono titolare di una partita Iva e, quindi, mi posso considerare un libero professionista. Mi hanno detto che posso chiedere un’indennità una tantum di 200 euro. Non ne sono sicuro: comunque accludo i miei dati e resto in attesa di una risposta.
C. D. - Per e-mail da Roma
Scorrendo gli elementi messi a disposizione, in particolare il livello del reddito riferito al 2021, C. D. ha diritto di richiedere l’indennità una tantum. Deve però farlo entro il 30 novembre collegandosi con il sito Inps: https://serviziweb2.inps.it/PassiWeb/jsp/spid/loginSPID.jsp?uri=https%3a%2f%2fservizi2.inps.it%2fservizi%2fHUBPNPInternet&S=S. Per entrarvi occorre essere in possesso dell’identità digitale Spid. L’indennità può essere richiesta anche ricorrendo si servizi di un Caf.
L’una tantum spetta agli iscritti alla gestione speciale degli artigiani, agli iscritti alla gestione speciale dei commercianti, agli iscritti alla gestione speciale per i coltivatori diretti e per i coloni e mezzadri (compresi gli imprenditori agricoli professionali), ai pescatori autonomi, ai liberi professionisti iscritti alla gestione separata (compresi i partecipanti agli studi associati o società semplici).
Il reddito complessivo lordo non deve essere superiore a 35.000 euro nel periodo d’imposta 2021.
IL DESTINO DEI NAVIGATOR: ESPERIENZE DA NON DISPERDERE
Il contratto dei famosi navigator è scaduto lo scorso 31 ottobre e, in assenza di notizie certe, quasi un migliaio di persone ha cominciato a vivere nell’incertezza. Dovremo aggiungere anche queste figure all’elenco dei disoccupati? Per un po’ di tempo anch’io, avendo vinto il concorso del 2019, ho fatto parte della categoria. Poi ho trovato un altro impiego e mi sono dimesso. Ma tanti miei ex colleghi sono rimasti e ora rischiano di trovarsi in mezzo alla strada. Che almeno si dica qualcosa di definitivo e che, soprattutto, non si disperdano tante professionalità che possono essere ancora utili.
G. O. - Per telefono da Roma
Mentre scriviamo le cose stanno così: il ministero del Lavoro, guidato da Marina Calderone, ha fatto sapere che i contratti dei navigator “non sono prorogabili” e che “è stata avviata un’attività ricognitiva tra le Regioni”. Per fare cosa? C’è chi pensa che potrebbero essere proprio le istituzioni locali a prenderli in carico – anziché l’Anpal – per rafforzare i Centri per l’impiego dove, peraltro, molti di loro erano già stati inseriti.
Ma c’è bisogno di trovare le risorse necessarie per pagare gli stipendi. Probabilmente sarà questa la soluzione, anche perché i Cpi attendono da anni di essere ristrutturati e potenziati: a oggi delle 11.600 assunzioni previste allo scopo ne sono state effettuate solo una parte. Presto dovrebbero ripartire i concorsi ma, intanto, i navigator potrebbero essere richiamati per continuare a dare una mano.
C’è da ricordare che tra i compiti previsti dal Pnrr, per il quale abbiamo ricevuto sostanziosi finanziamenti dall’Europa, c’è quello di reinserire 3 milioni di persone nel mercato del lavoro entro il 2025. Un obiettivo che non si raggiunge con la bacchetta magica. Serve personale specializzato. I navigator le ossa se le sono fatte sul campo, anche se i risultati sono stati deludenti. Nei prossimi giorni ne sapremo di più.
SE APPARTIENI AL PIANETA DEGLI “ANTA” VIENI DISCRIMINATO
Anche se le normative vigenti in materia di assunzioni obbligano a non discriminare per razza, età e sesso, così spesso non è. E voi fareste bene a denunciare chi non rispetta le regole in modo, se non altro, da farci risparmiare l'invio del curricula e altre perdite di tempo. Lo dico a ragion veduta perché ho 55 anni e in questo cavolo di Paese sono ormai fuori da un bel pezzo dal mercato del lavoro, e per andare in pensione…
Vorrei che si dedicasse più attenzione a questo argomento che è di una gravità totale (e anche costituzionalmente censurabile) e che taglia fuori persone con esperienza e buone capacità professionali. Se, giustamente, vi occupate dei giovani è altrettanto giusto tenere presente le necessità di lavoro di chi un impiego lo ha perso e ha solo qualche anno in più.
Stefania S. - Per e-mail da Roma
Il problema dell'occupazione, com'è noto, riguarda tutte le età. E, anzi, le statistiche dicono che sono i giovani i più penalizzati con una percentuale di senza lavoro che è tra le più alte in Europa.
In quest'ambito resta quell'autentico dramma che è la ricollocazione dei cosiddetti "anta" che spesso hanno una famiglia a carico e verso i quali ci sono meno misure di sostegno. E forse, proprio per questo, le aziende preferiscono puntare su coloro che hanno un’età in grado di consentire varie agevolazioni.
In più c'è a volte la poca chiarezza delle ricerche di personale che, per quello che è nelle nostre possibilità, cerchiamo di evitare. Comunque, accogliamo volentieri il suggerimento di Stefania S. e quanto prima torneremo sull'argomento che, in effetti, rappresenta un'evidente discriminazione.
SPESSO TI CHIEDONO L’ISEE: MA QUESTA SIGLA COSA SGNIFICA?
Ogni tanto, quando c’è da compilare la domanda per avere qualche sussidio, salta fuori il riferimento all'Isee. Che cosa significa esattamente questa sigla e quali sono i suoi contenuti principali?
Elsa Luisi - Per e-mail da Roma
Isee sta per Indicatore della situazione economica equivalente. In vigore dal 2015 (ha preso il posto del cosiddetto "riccometro") serve a stabilire la situazione relativa ai redditi di chi richiede agevolazioni sotto forma di prestazioni sociali o assistenza. In sostanza, per ottenere determinate facilitazioni non bisogna raggiungere un certo livello patrimoniale.
Ma come si fa a calcolare questo livello? Secondo l'Inps, nell'Isee confluiscono i redditi più il 20% della situazione patrimoniale (che comprende investimenti mobiliari e immobiliari). Una volta fatto il calcolo, va diviso per il coefficiente del nucleo familiare che cambia a seconda della composizione della famiglia.
PENSIONE: SE VOGLIO CAMBIARE LA BANCA DI ACCREDITO
Sono un pensionato e per ragioni familiari mi sto trasferendo da Roma a Cassino. Di conseguenza devo cambiare anche l’indirizzo bancario presso il quale mi viene accreditata la pensione.
Ho provato a telefonare all’Inps per sapere che cosa devo fare perché vorrei evitare di recarmi in una sede dell’Istituto (di questi tempi è meglio evitare gli spostamenti) per risolvere il problema ma ho trovato le linee sempre occupate.
Cesare R. - Per e-mail da Roma
L’operazione si può fare seguendo le spiegazioni che si possono trovare sul portale dell’Inps e in particolare digitando il link: https://www.inps.it/nuovoportaleinps/default.aspx?itemDir=50017. Qui si possono trovare tutte le notizie utili: 1) a chi è rivolto; 2) come funziona; 3) la domanda.
Per accedere al servizio è necessario avere un Pin rilasciato dall’Inps, una identità Spid almeno di livello 2, una Carta di identità elettronica 3.0 o una Carta nazionale dei servizi (Cns).
Le domande dei lettori, le risposte degli esperti. N. 13/2022
1) Apprendistato e tirocini: basta con lo sfruttamento. 2) Quasi quasi apro in franchising: che dite, faccio bene? 3) L’abbandono scolastico costa carissimo al nostro Paese. 4) La busta paga non si tocca se si rifiuta il lavoro nei festivi. 5) Agenzie lavoro e aziende: chi paga lo stipendio? 6) Le mansioni dell’inserviente e i livelli contrattuali.
APPRENDISTATO E TIROCINI: BASTA CON LO SFRUTTAMENTO
L’apprendistato e i tirocini dovrebbero essere la via maestra per la crescita professionale e per arrivare alla firma di un contratto a tempo indeterminato o determinato ma con tutte le garanzie dei Ccnl di categoria. In molti casi, purtroppo, non è così.
Personalmente ho alle spalle un tirocinio di 4 mesi svolto presso un’azienda metalmeccanica di medie dimensioni dove sin dal primo giorno mi hanno fatto svolgere attività che, secondo me, non c’entravano niente con lo stage. Per non parlare del rimborso spese, poco più di una mancia.
In questi casi che cosa fare? Protestare? Denunciare? Di fronte a una struttura organizzata, noi ragazzi alle primissime armi non abbiamo voce in capitolo, anche perché le norme che dovrebbero tutelarci non sono chiare.
Michele B. - Per telefono da Roma
È vero, le norme in vigore lasciano troppo spazio alle interpretazioni di parte. Prima della caduta del governo di Mario Draghi ci sono stati dei tentativi di riforma proprio per garantire che apprendistato e tirocini rispondano con più precisione all’obiettivo per il quale sono stati pensati: cioè, favorire i giovani che si apprestano a entrare nel mondo del lavoro.
Secondo alcuni dati resi noti dall’Inps, tra luglio 2021 e luglio 2022 su 315.426 apprendisti ne sono stati assunti con contratto a tempo indeterminato solo 41.802. Per i tirocinanti il calcolo è più complesso ma, comunque, lo snodo è quello di renderli davvero un momento di inserimento professionale e non di sfruttamento (come pare di capire anche dal lettore che ci ha telefonato).
Molte Regioni, tra cui il Lazio, hanno stanziato risorse per le indennità di tirocinio, e anche nell’ultima legge di Bilancio del governo Draghi sono state inserite 3 norme a maggiore tutela degli stagisti.
Poi tutto si è fermato. Compresa l’istituzione di un tavolo tra Stato e Regioni per riscrivere quei punti più controversi che finora hanno consentito di deviare dal seminato. Adesso spetta al nuovo Esecutivo riprendere in mano l’argomento.
QUASI QUASI APRO IN FRANCHISING: CHE DITE, FACCIO BENE?
Ho deciso di non aspettare più che qualcuno risponda ai miei curriculum mandati in giro per l’Italia e, dal momento che posso contare sull’aiuto dei miei genitori, sto seriamente pensando di mettermi in proprio aprendo una mia attività.
Fino a poco tempo ne ero proprio convinta, poi la crisi legata alla guerra in Ucraina con l’aumento di tutti i costi di gestone più il rallentamento dei consumi hanno frenato i miei slanci. Forse una soluzione potrebbe essere quella del franchising in quanto i rischi d’impresa possono essere in parte condivisi con la casa-madre.
È proprio così? Potete darmi qualche consiglio?
Raffaella Amati - Per e-mail da Roma
Del sistema-franchising abbiamo parlato spesso in questa rubrica, sempre in risposta ad argomenti simili a quelli sollevati da Raffaella Amati. In realtà, il settore del commercio è in forte difficoltà e in prospettiva – come ha stimato il Fondo monetario internazionale – la situazione non dovrebbe migliorare con Italia e Germania in crescita negativa (Pil -0,2% e -0,3%).
Quindi, chi vuole fare l’imprenditore deve stare più che mai attento a scegliere il comparto meno esposto ai venti della burrasca commerciale. In questo il franchising può dare una mano: sia per l’esperienza acquisita sia per il costante monitoraggio delle tendenze dei mercati. In più si possono limitare i costi di avvio e anche l’accesso al credito può essere facilitato.
Certo, resta la scelta del brand, ma qui intervengo fattori anche personali come la preparazione professionale da mettere a frutto.
Secondo Assofranchising, che è l’associazione di categoria, l’anno in corso dovrebbe chiudersi con risultati più che positivi perché, rispetto al 2021, le aperture in franchising sono cresciute del 15%. A fare da traino, la ristorazione (+20), l’abbigliamento/accessori (+17%) e il resto del retail (+13%),
C’è poi uno studio di Confimprese che è andata a vedere quali sono state le reti franchising più attive sul versante delle inaugurazioni. La classifica vede ai primi posti Kasanova (casalinghi e piccolo arredamento), Camomilla (abbigliamento), Tecnocasa (immobiliare), Burger King (fast food).
Maggiori informazioni si possono ottenere proprio da Assofranchising (tel. 02.29003779; e-mail: assofranchising@assofranchising.it; sito: www.assofranchising.it) e Confimprese (tel. 02.89013233; e-mail: info@confimprese.it; sito: www.confimprese.it). Le sedi principali delle due associazioni si trovano a Milano ma Confimprese ne ha una anche a Roma in piazza di Spagna 35.
L’ABBANDONO SCOLASTICO COSTA CARISSIMO AL NOSTRO PAESE
Se è vero – come è vero – che l’ascensore sociale si è fermato ciò è dovuto, secondo me, al fatto che la scuola non è più in grado di preparare i giovani alle necessità del mondo della produzione. Fino a qualche anno fa un diploma o una laurea erano dei passaporti più che validi. Oggi se non si ha quel diploma o quella laurea si è tagliati fuori.
Per questo tanti ragazzi non riescono a trovare lavoro. La responsabilità è di chi dovrebbe fare orientamento e non lo fa (o lo fa male) e della scuola che si preoccupa solo di riempire le aule e poi che ognuno si arrangi.
Carla Simoni - Per e-mail da Roma.
L’ascensore sociale si è fermato perché, come è stato rilevato più volte, i giovani che provengono da famiglie ricche o comunque senza problemi di portafoglio, hanno potuto continuare a frequentare percorsi scolastici migliori e costosi in grado di garantire, al termine, una via preferenziale all’occupazione. Non è una novità però le crisi che si sono succedute hanno senza dubbio accentuato il fenomeno.
Ma c’è di più. Per esempio, negli ultimi 5 anni l’abbandono scolastico ha subito una notevole impennata tanto che dei 6.114.644 iscritti al primo anno delle superiori ben 1.744.142 non hanno concluso gli studi.
Siccome per ogni studente delle secondarie superiori lo Stato spende ogni anno circa 7.000 euro, il costo della dispersione scolastica si aggira intorno ai 27,44 miliardi di euro.
Da aggiungere il costo a perdere di chi ce l’ha fatta a prendersi una laurea ma poi si è visto costretto, per trovare lavoro, a portare le sue conoscenze in un altro Paese.
LA BUSTA PAGA NON SI TOCCA SE SI RIFIUTA IL LAVORO NEI FESTIVI
Se un’azienda chiede ad un suo dipendente di lavorare in un giorno festivo e il dipendente si rifiuta, l’azienda può evitare di mettergli in busta paga il relativo trattamento retributivo ordinario?
Carla Sartori - Per telefono da Roma
Le giornate festive prevedono una retribuzione ordinaria se non lavorate e straordinaria – cioè con una maggiorazione prevista dai contratti – se lavorate. In nessun modo il rifiuto di lavorare in uno di quei giorni riconosciuti dai Ccnl può determinare la cancellazione della parte ordinaria.
Lo ha ribadito la Cassazione con la sentenza 21209/2016 che ha condannato la decisione di un’azienda metallurgica che avendo chiesto ad alcuni operai di essere presenti in fabbrica l’8 dicembre ed essersi vista rispondere negativamente, non aveva inserito in busta paga il trattamento ordinario relativo alla festività non lavorata. La Suprema Corte, in sostanza, ha ribadito la validità della norma di legge secondo la quale il dipendente può astenersi dall’attività lavorativa durante determinate festività e, quindi, l’azienda non può mettere in discussione il relativo trattamento retributivo.
AGENZIE LAVORO E AZIENDE: CHI PAGA LO STIPENDIO?
L’argomento lo avete già affrontato, ma vi pregherei di ripetermi come funziona il rapporto contrattuale tra agenzia per il lavoro, lavoratore e azienda utilizzatrice. Chiedo troppo?
Lina Rubei - Per e-mail da Roma
L’agenzia per il lavoro assume il lavoratore e lo mette a disposizione dell’impresa che lo ha richiesto. Sarà quindi l’agenzia a pagare la retribuzione, a versare i contributi previdenziali e ad esercitare il potere disciplinare, anche se il lavoratore svolgerà la propria attività nell’interesse e sotto la direzione dell’azienda utilizzatrice. Naturalmente, l’agenzia si farà poi rimborsare dall’impresa.
All’atto della stipula del contratto, l’agenzia per il lavoro dovrà comunicare per iscritto al lavoratore: il tipo di attività, la data di inizio e la durata prevedibile della prestazione, le mansioni e l’inquadramento, il luogo, l’orario e il trattamento economico. Il contratto può essere anche a tempo indeterminato.
LE MANSIONI DELL’INSERVIENTE E I LIVELLI CONTRATTUALI
Un contratto di inserviente quali mansioni comprende?
Flora Di Carlo - Per Google+
Quella dell’inserviente è una figura che si trova in quasi tutti gli ambienti di lavoro: dal turismo alla ristorazione, dall’ospedaliero al turismo, dagli uffici alle scuole, e così via. Di solito svolge compiti esecutivi che, comunque, richiedono una certa preparazione.
Il livello contrattuale oscilla tra il V e il VII livello. Il V livello e il VI prevedono che si debba svolgere un’attività di normale complessità (per esempio commis di cucina, addetto ai servizi mensa, caffettiere ma non barista, cucitrice, facchino ai piani).
Il VII livello si riferisce a guardarobieri, magazzinieri, autisti con patente B, addetti vigilanza, garagisti, addetti portineria, fattorini, maschere, e così via.
Naturalmente ogni livello ha una retribuzione specifica stabilita dai contratti nazionali di lavoro.